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Posted by on venerdì, Dicembre 8, 2023 in Wurstel |

La palla e la squadriglia

Dal primo di giugno 2023 i giocatori di Pokémon Go hanno la possibilità di ottenere (oltre alle normali Palle rosse, blu e gialle – scusate la rima involontaria) – anche la cosiddetta Master Ball, ovvero la Palla Infallibile. Tale palla, riconoscibile dalla M e dai colori, ha infatti un tasso di cattura del 100 per cento, cioè garantisce di acchiappare il mostriciattolo virtuale senza mai sbagliare. Ne ho conquistate in questi mesi due, la seconda attraverso una faticosissima ricerca che mi ha richiesto tra l’altro di eseguire CENTOVENTI tiri eccellenti in poco più di novanta giorni, cosa della quale non sarei mai stata capace. Tutto bene, quindi? In realtà, come si può capire, possedere una palla tanto rara quanto infallibile mette addosso un po’ di ansia. Sai che se la usi catturi il Pokémon sicuramente, ma altrettanto sicuramente non l’avrai mai più adisposizione e chissà per quanti mesi (o anni) potrai procurartene un’altra, e chissà a quale prezzo. Di colpo, nessun Pokémon sembra così irresistibile da valere la pena di usarla.

Potremmo chiamare questa situazione Il Paradosso della Squadriglia della Morte.

La squadriglia della morte è un racconto del grande umorista Achille Campanile (pubblicato nel 1974, nella raccolta Gli asparagi e l’immortalità dell’anima). In esso un tale capitano Zadaras racconta come, durante l’ultima guerra, avesse avuto l’onore e l’onere di comandare la Squadriglia della Morte. Un pugno di uomini valorosi, votati al sacrificio, destinati alle missioni più perigliose, quelle in cui la morte era non solo un rischio, ma quasi una certezza. Pian piano però negli alti comandi (non senza l’incoraggiamento di Zadaras stesso) si diffuse il dubbio: ma una volta inviata (e quasi certamente sacrificata) la Squadriglia della Morte, dove si troveranno altrettanti uomini coraggiosi e decisi a tutto? Fu così che gli uomini della Squadriglia della Morte, durante tutto il conflitto, furono salvaguardati e tenuti nella bambagia, al riparo da ogni rischio, in attesa che venisse (e non venne mai) la missione in cui spenderli. Conclude Zabaras nel racconto: Il più calmo, piacevole e riposato periodo della mia vita lo trascorsi in qualità di comandante della squadriglia della morte.

E così rischiava di capitare anche per le mie due preziosissime Master Ball. Poi un giorno ho incontrato un bellissimo Dragonite col cilindro e sapete come vanno queste cose. Addio Master Ball, benvenuto drago con cilindro. Ma l’altra me la tengo stretta al calduccio, non si sa mai.

 

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Posted by on sabato, Novembre 18, 2023 in New York |

Incontri in lavanderia

Una cosa che si nota subito a New York City è quanto pochi appartamenti dispongono di una lavatrice privata. Molti condomini, anche di fascia alta, hanno la lavatrice comune situata di solito nel seminterrato: chi ha visto Rosemary’s Baby ricorderà come persino il lussuoso Dakota Building (poi divenuto tristemente famoso per l’assassinio di John Lennon) aveva la lavatrice condominiale.

Per gli altri, ci sono le lavanderie a gettone. Emblematica quella che compare in Friends (prima stagione, episodio 5) in cui Ross e Rachel incontrano una horrible woman che cerca di piazzare i propri vestiti da lavare nella lavatrice già prenotata da Rachel. Un episodio simile, ma più assurdo, è accaduto pochi giorni fa a mia figlia Arianna, nella laundromat vicino a dove abita, a Hamilton Heights (Harlem).

Come tutti sanno, il processo si svolge in più fasi. Prima si riempie una lavatrice con le proprie cose e si imposta il lavaggio, poi si imposta l’asciugatura (necessaria, perché a New York ci sono pochi balconi ed è quasi ovunque vietato stendere i panni fuori). Durante i due processi (almeno mezz’ora ciascuno) c’è un tempo morto che si può impiegare per sbrigare altre faccende: ben pochi lo passano a contemplare i panni che girano, cosa solo un filino più divertente del leggere riviste mediche nella sala d’attesa di un dentista.

In questa occasione Arianna, trattenuta in casa da un piccolo contrattempo, è arrivata in lavanderia con cinque minuti di ritardo, e ha scoperto che la sua biancheria era stata sparpagliata un po’ ovunque. Un vecchietto con evidenti segni di demenza e due coetanee più lucide avevano ammucchiato le cose di Arianna mischiandole con le proprie in un coacervo inestricabile. Arrabbiata, Arianna ha cominciato a smistare gli articoli di proria pertinenza. Il vecchietto protestava che le cose erano sue, persino quelle di misura piccola o quelle più evidentemente femminili come mutandine nere di pizzo o reggiseni: si è arreso solo quando Arianno ha tirato fuori una T-shirt  con la propria faccia (che si era fatta fare da quei negozi che fanno le magliette personalizzate). Le due vecchiette tenevano bordone al coetaneo, dandogli ragione anche contro il buonsenso.

Dopo dieci minuti di urla, Arianna è riuscita a recuperare tutto il suo (o almeno così spera: non è escluso che, nella confusione, una mutandina sia rimasta nelle grinfie della gang di anziani terribili) e a tornare a casa stressatissima.

Da parte mia, sono fiera di avere allevato (anche con l’aiuto delle arti marziali) una figlia assertiva, capace di farsi valere anche nella giungla d’asfalto e nel sordido mondo delle lavanderie a gettone.

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Posted by on mercoledì, Novembre 1, 2023 in Mentre Vivo |

La società del pilotto

Il pilotto (o pillotto) è un attrezzo da cucina. Trattasi di un mestolo col beccuccio, che raccoglie il grasso dell’arrosto che si scioglie e poi, attraverso il beccuccio, lo rigetta nella carne, affinché risulti più saporita. Ma, poiché questo non è un blog di cucina, voglio illustrarne il significato traslato.

Non darmi il pilotto, mi è capitato più volte di dire a mio marito, che richiama con insistenza la mia attenzione quando la lavatrice segnala con un angosciante segnalo sonoro che il ciclo di lavaggio e asciugatura è finito e quindi è ora di aprire il portello. In generale, si dice alle persone che fanno domande incessanti o discorsi ripetitivi e inutili. Proprio come il pilotto, grazie al quale, scaldandosi, il grasso entra nel mestolo goccia dopo goccia, in modo lento e incessante. Una goccia che magari non scaverà la pietra, ma ti può sfracanare i cosiddetti.

Ma al giorno d’oggi non sono solo le persone a dare il pilotto: sono soprattutto i nostri inseparabili apparecchi elettronici. L’orologio di mio marito, oltre a contare i passi e i battiti cardiaci, ha l’antipatica abitudine di vibrare e mostrare un omino verde quando il suo portatore è fermo da un’ora. Potete immaginare quante volte al giorno si agita, se una persona fa un lavoro sedentario e ha passatempi tranquilli come la lettura. Per non parlare dell’ubiquo cellulare con le sue odiose notifiche e il suo penetrante piripippippi che suona con qualsiasi pretesto. Arriva una mail? La metropolitana è bloccata? Tizio ha visualizzato la tua storia? Caia ha messo mi piace al tuo video (a sua volta condivisio da un sito del Kirghizistan) di un gatto che aggredisce un facocero? Un bombardamento aereo fa strage in un ospedale? Ti hanno mandato un pacco in Pokémon Go? C’è un allarme monsonico nelle vicinanze? Tua cognata ha le paturnie? La pasta ha raggiunto i dieci minuti di cottura? Una bella notifica sonora per tutto, e ti ritrovi, anche e soprattutto nelle ore che dovrebbe essere di riposo, a rispondere a uno stimolo dopo l’altro.

Questa dittatura delle notifiche può risultare alla lunga inostenibile, e se hai più di cinquant’anni ti ritrovi a rimpiangere i bei tempi in cui venivi a sapere tutto in ritardo.

Se Guy Debord aveva analizzato la società dello spettacolo, oggi possiamo dire di essere immersi fino alla gola nella società del pilotto.

 

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Posted by on domenica, Ottobre 22, 2023 in Pillole di Blog |

Ritorna a Surriento

Ero stata da piccola a Capri (con annessa Grotta Azzurra) e da giovane ad Amalfi e Positano, ne avevo solo vaghi ricordi. Anche per questo, per le vacanze di settembre, avevo proposto a mio marito un giro in Costiera Amalfitana, con base a Sorrento. In luglio, avevo letto un servizio del Venerdì di Repubblica che presentava un quadro apocalittico del turismo a Sorrento e dintorni. In una parola, overtourism: affollamento insopportabile e file interminabili in ogni angolo.

A settembre sarà diverso, mi ero detta per tranquillizzarmi. Solo un pochettino, in realtà: complice l’estate prolungata, Sorrento era piena di turisti, soprattutto stranieri. Più che italiano, si sentiva parlare l’inglese americano, lo spagnolo, il cinese e inopinatamente il coreano. C’era in effetti una convention di una qualche multinazionale tecnologica (forse la Samsung?) e i coreani uscivano da ogni hotel e da ogni angolo.

Come tutti sanno, per godersi cinque minuti di Grotta occorre, dopo l’attracco alla Marina Piccola di Capri, salire su un altro natante che in un quarto d’ora ti porta ad attendere al largo dell’ingresso alla Grotta stessa. Dopo un’attesa dipendente dallo stato del mare e soprattutto dall’affluenza di turisti (la nostra è durata tre ore) si viene presi in carico (massimo quattro persone alla volta) da una barchetta a remi, che ti conduce a bordeggiare attorno a una biglietteria galleggiante, dove devi pagare 18 euro (in contanti) a cranio per immergerti nel blu dipinto di blu (con accompagnamento di canzoni partenopee salmodiate dai rematori). Sulla nostra nave c’era un numeroso e confusionario gruppo di cinesi. Talmente confusionari che alcuni di loro non si erano portati i contanti per accedere alla Grotta e hanno dovuto tornare indietro delusi dopo un acceso chiarimento con gli addetti alla biglietteria (non oso immaginare in quale lingua), facendo perdere oltre mezz’ora a tutto il gruppo.

Visto che è stata l’estate degli scontrini pazzi, non posso tacere che, in un baretto che aveva l’unico pregio di essere proprio davanti alla Cattedrale di Amalfi, abbiamo sborsato la bellezza di 29 euro per un trancio di pizza Margherita, un panino alla mortadella e un litro di minerale gasata. A Capri, per non dovere aprire un mutuo, ci siamo accontentati di due coni gelato per appena cinque euro a testa (senza panna né biscotto). Sempre ad Amalfi, alla biglietteria dei famosi minibus per Ravello, ho chiesto a una signora del luogo se era sempre così affollato.

Fino a novembre, poi abbiamo qualche mese di respiro, è stata la risposta.

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Posted by on sabato, Settembre 9, 2023 in New York |

Il pignone e il moscone

Per chi ama la New York anniveristica, con sempre nuovi grattacieli, osservatori a cento metri d’altezza, centri commerciali, uffici e appartamenti di lusso, l’ultima attrazione è Hudson Yards, gigantesca piazza costruita tra il 2016 e il 2019 all’incrocio tra la Trentaquattresima Strada Ovest e l’Undicesima Avenue. Nonostante l’inevitabile pacchianeria, è più bella (posso bestemmiare?) della milanese piazza Gae Aulenti, tanto amata da una delle mie cognate. Fa parte del pacchetto anche quella specie di gigantesca pigna (voleva essere un alveare secondo il progettista, anche se qualcuno trova che somigli a un kebab), denominata (provvisoriamente in attesa di meglio) The Vessel.

Alta 46 metri, la struttura raggiunge un’altezza di 16 piani e comprende 154 rampe di scale, quasi 2 500 gradini e 80 terrazze panoramiche per visitatori. Per il resto non serve assolutamente a nulla, è solo bella da guardare. Peccato che tra il 2020 e il 2021 sia stata teatro di almeno quattro suicidi: dopo l’ultimo, l’accesso ai piani superiori è stato definitivamente chiuso.

Durante la nostra visita a Hudson Yards mi è capitata un’antipatica disavventura: sono stata punta da una qualche mosca locale e sono stata costretta all’uso di una pomata antibiotica per sgonfiare la ferita, per fortuna senza altre conseguenze. Già in Italia sono volentieri bersagliata da zanzare, mosconi e pappataci vari, ma gli insetti statunitensi hanno evidentemente una marcia in più, in termini di pervicacia e cattiveria. Ecco cosa capita ad avere un sangue troppo dolce!

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e grattacielo

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