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Posted by on sabato, Marzo 27, 2021 in Casoretto e dintorni |

Botteghe sfortunate

Ci sono commercianti sfortunati, le tentano tutte, ma non hanno successo. Emblematico il protagonista di Le petit commerce, canzone di Boris Vian tradotta in italiano da Fausto Amodei e successivamente da Giangilberto Monti:

J’ai vendu du mouron mais ça n’a pas marché
j’ai vendu des cravates les gens étaient fauchés
j’ai vendu des ciseaux et des lames de rasoir
des peignes en corozo des limes et des hachoirs
j’ai essayé les fraises j’ai taté du muguet
j’ai rempaillé des chaises réparé des bidets …

Ma ci sono anche luoghi particolarmente sfortunati per il commercio, e il perché non è chiaro. Casa mia al Casoretto ha due portoni, uno piccolo e uno più grande per le auto, e in mezzo c’è un piccolo spazio, ideale per una bottega senza pretese. Nel tempo ho visto passare, aprire con grandi speranze e chiudere con malinconia, tutto e il contrario di tutto: un negozio di T-shirt e articoli per giovani di tendenza, uno studio di architettura e design, un chiosco di cibo biologico, un’enoteca, dei distributori di bevande e persino delle pompe funebri, business apparentemente destinato all’immortalità. Tutti hanno gettato la spugna, e in questi giorni vedo gente affaccendarsi a riallestire lo spazio, ma ormai non m’illudo più che vi sorga qualcosa di duraturo.

Posto troppo angusto, direte voi? Beh, a cento metri da casa mia, in piazza Durante, c’è uno spazio molto più grande ma altrettanto sfortunato. Ho visto sorgere e tramontare un negozio di condizionatori, uno di barche a vela e motoscafi, un fast food dell’effimera catena Pizzarito Pastarito, un parrucchiere, uno spaccio di casalinghi, un concessionario di motociclette.

Ma non succede solo in periferia. All’angolo tra Largo Augusto e via della Signora, in pieno centro, uno spazio ancora più grande e qualificato ha ospitato in trent’anni almeno quattro – cinque negozi di mobili, in specie divani e letti. Tutti andati a gambe all’aria uno dopo l’altro. Sono passata oggi e ci stanno allestendo un mini -Esselunga. Forse così sperano di sconfiggere la maledizione che qualcuno deve avere gettato decenni fa sull’area (un cliente insoddisfatto? un socio messo ai margini?).

Se fossimo shintoisti – o anche solo antichi Romani – penseremmo che qualcuno abbia offeso il kami locale o il genius loci, e che l’unico modo per rimediare sia un bel sacrificio di vergini.  Oppure è la cara vecchia sfiga.

Spoiler: il commerciante sfortunato della canzone di Boris Vian ha finalmente trovato il business giusto, e si è arricchito vendendo cannoni e altre armi di distruzione di massa. Purtroppo ha avuto fin troppo successo e gli entusiasti clienti si sono sterminati a vicenda. La canzone termina col nostro protagonista che danza la carmagnola sulle strade deserte di Parigi, offrendo cannoni in saldo. Mica facile, fare il commerciante!

dav

 

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Posted by on domenica, Ottobre 4, 2020 in Casoretto e dintorni, Wurstel |

L’incrocio degli animali

Se il mio videogioco antistress è Pokémon Go, quello di mia figlia è Animal Crossing. Non lo gioca sul cellulare, ma sul Nintendo, apparecchietto dedicato proprio ai videogiochi.

Animal Crossing in italiano vuol dire qualcosa come L’incrocio degli animali, ma non bisogna pensare ad allevatori alla ricerca della razza migliore o a scienziati pazzi che creano nuove specie in laboratorio: quello semmai sarebbe Animal Breeding. “Incrocio” è proprio in senso stradale: tu cammini e per la strada incroci, incontri, numerosi animali. Il gioco, sviluppato in Giappone e uscito il 14 aprile 2001,  in originale si chiama Dōbutsu no mori (どうぶつの森 , letteralmente “Foresta degli animali”).

Se per il poeta inglese John Donne “nessuno è un’isola”, qui, al contrario, ognuno ha un’isola. Il giocatore, infatti, è l’unico umano che vive su un’isola popolata da animali antropomorfi. Il gioco (che fa parte della sottocategoria dei life simulator) non ha un obiettivo definito. Il giocatore (che può creare il proprio avatar personalizzabile) viene incoraggiato a passare più tempo possibile sull’isola, a socializzare con gli abitanti, piantare fiori e alberi, collezionare insetti, ampliare la propria casa, costruire infrastrutture (si potrebbe utilizzare come mezzo di disintossicazione per i fanatici delle Grandi Opere Inutili, che farebbero meno danni costruendo ponti su stretti o bucando montagne nella realtà virtuale anziché in quella effettiva). La cosa interessante (che ha spinto Arianna ad appassionarsi al gioco) è che si può dare un nome all’isola (Arianna ha scelto Casoretto, tanto per ribadire le proprie radici) e agli edifici che vi si costruiscono, e soprattutto che si può interagire con gli animali e insegnar loro frasi e tormentoni. E qui Arianna ha scatenato il lato demenziale che ha ereditato da ambedue i genitori, indottrinando i malcapitati (che, come tutto il gioco, sono anglofoni) con tormentoni, frasi di lessico famigliare, veri e propri nonsense. Così capita di incontrare vezzose paperelle, galletti sbruffoni, cagnolini inquietanti che recitano nei loro fumetti frasi quali Ao burino demmerda, Come on it’s sticazzi time, menchia, o anche culatello. 

Il gioco offre la possibilità di connettersi ad altri giocatori, scambiandosi visite sulle rispettive isole o anche animali (quelli degli amici di Arianna recitano tormentoni un po’ più politicizzati, da Defund the police Black lives matter). Esiste persino un’applicazione, chiamata Twitch, che consente di trasmettere in diretta Facebook una sessione di gioco (funziona anche con altri videogiochi di vario genere). Questo particolare modo di socializzare ha molto aiutato Arianna e i suoi amici a gestire questi mesi di isolamento forzato.

Sulle prime, non si capisce cosa possa spingere dei giovani a passare ore a vedere le avventure di un avatar virtuale di un’amica impegnato a visitare un’isola con animali parlanti, o a massacrare zombie o altro. Poi penso al livello medio dei programmi televisivi e li capisco molto meglio. Paragonata a un talk show italiano (o anche al dibattito presidenziale Trump -Biden, per rimanere negli States), una sessione di Animal Crossing è poesia pura.

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Posted by on domenica, Luglio 12, 2020 in Casoretto e dintorni |

La guerra del Belugi

Oggi, su un muro all’inizio di via Casoretto, là deve di solito stanno gli appelli accorati per i mici smarriti o le pubblicità di idraulici e traslocatori, campeggiava questo volantino in A4, che vi riproduco di seguito nel suo incontaminato splendore.

il Covid

Il Corona virus è causato da abusi Sessuali irrazionali, come l’omosessuaità e l’uso del sesso tra uomo e animale? O questo virus è causato dalle Radiazioni nucleari di esperimenti nucleari negli Oceani e il Deserto o da Cimitero di Scorie nucleari che non è molto sicuro? L’america l’ha prodotta per colpire La Cina, che è diventata economente e militarmente Superiore ad essa? Oppure questo virus è stato prodotto in laboratorio da un latto terroristico per ottenere profitti dalla vendita del Vaccino contro il virus? O il virus Corona è stato prodotto in Laboratorio come un rudimentale passo per combattere guerra del Belugi come alternativa alla Guerra Nucleare? Trova la risposta alle domande e inviala

Ci sono tutti gli elementi del prodotto genuino fatto in casa: i refusi (che testimoniano l’urgenza con cui l’Autore, posseduto dallo Spirito della Verità Scomoda, si è accinto a divulgare le sue acquisizioni, senza sprecare tempo in piccinerie quali il controllo ortografico), le maiuscole messe a random, le incerte concordanze di genere e numero. L’apparato iconografico è un misto tra i vecchi volantini militanti e le lettere anonime fatte con ritagli di giornale. Possiamo ammirare uno Zio Sam che punta il dito contro un nero (sul retro della cui T-Shirt una scritta in arabo si sovrappone alla Stars and Stripes); un missile (spaziale o nucleare?) a forma di obelisco; un poster elettorale di Trump, che punta il dito come lo Zio Sam; l’enigmatica scritta Rothschlos (parola priva di significato: Rothschloss, con due S, è la marca di un proiettore diffuso negli anni Trenta) accanto alle sagome compresse di nove tizi (tra i quali, con immani sforzi, forse si possono riconoscere un po’ di Padri Fondatori degli USA, un simil-Clinton e un aspirante Mario Draghi); il logo del Mossad; una Stella di Davide sovrapposta a quella che potrebbe essere una forma di provolone, se non è una mappa muta del Medio Oriente; e infine, in basso a destra e steso di lato, il logo di Forza Italia.

Quest’ultimo, pericolosamente vicino alla frase Trova la risposta alle domande e inviala, (che evoca un gioco a premi) a prima vista sembra la firma del volantino (che invece è anonimo), e non se ne capisce il ruolo nell’economia dell’opera.

Abbiamo di fronte a noi un sorprendente specimen di quello che si può chiamare ecumenismo complottista. Tutte le risposte alla domanda Da dove viene il Covid? sono infatti giustapposte una dopo l’altra, senza un filo conduttore o una preferenza. Punizione divina, scompenso ecologico, complotto americano, virus prodotto in laboratorio, manovra terroristica, antivaccinismo e un po’ di antisemitismo sparso per insaporire la pietanza: tutto fa brodo.

Infine, si rasenta il sublime nell’evocazione della guerra del Belugi (“come alternativa alla Guerra nucleare”).

Non sapete cos’è il Belugi? Francamente neanch’io, e la Rete ci aiuta ben poco. L’unico Belugi conosciuto è un Hotel Belugi di Goiània (Brasile). O forse è un errore di stampa, e si riferisce all’indimenticato stopper dell’Inter e del Bologna, Mauro Bellugi? O al Beluga, simpatico cetaceo bianco della famiglia dei Monodontidi (Delphinapterus Leucas)?

Mio marito suggerisce che Belugi sia – visto lo scheletro consonantico uguale – una deformazione di “biologico” e che quindi la Guerra del Belugi non sia altro che la Guerra Biologica (che avrebbe senso come “alternativa alla Guerra Nucleare”) e che tutto il volantino sia frutto di una cattiva e rudimentale traduzione dal russo o dal cinese. Il che renderebbe il Casoretto una sorta di ombelico della Nuova Guerra Fredda. Aspettiamo sviluppi.

 

 

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Posted by on sabato, Aprile 4, 2020 in Casoretto e dintorni |

Werner Fugazza e le poste impestate

Era un martedì di fine marzo. Mentre Werner Fugazza trascorreva a casa il suo turno di ferie forzate, chattando piacevolmente con colei che si presentava come La Punitrice di Visegrad (in realtà era un perito agrario di Viserbella, ma questa è un’altra storia), nell’ufficio postale di via Stazio accadeva un piccolo dramma, non infrequente in epoca di Coronavirus. Un collega del quale non si faceva il nome (ma tutti sapevano che si trattava di Wilfredo Capamozza, addetto alla Filatelia Stocastica) era a casa da giorni con la febbre alta, e si diceva presentasse i sintomi della temibile malattia. Verso le quattordici la Direzione, sentite le competenti Funzioni e adottando un giusto approccio prudenziale, aveva deciso di chiudere la Filiale con effetto immediato e di disporre energici interventi di sanificazione, che sarebbero durati almeno una settimana. I presenti sciamarono fuori in ordine, cercando di evitare il panico e rispettare il distanziamento. Gli assenti vennero avvertiti tramite messaggio sulla casella di posta aziendale. In quel momento, Werner Fugazza giaceva sul suo letto, intento a smaltire il frugale pranzo (trippa con fegatini e gorgonzola), mentre si gustava il ponderoso documentario Comunardo e i suoi fratelli: le migliori autoreti del Ventesimo secolo.

Apparve una notifica sul suo smartphone nordcoreano, ma dopo aver visto il mittente (Ufficio Postale di via Stazio) la cancellò senza neanche leggerla, come sempre faceva.

Così, la mattina dopo, Werner Fugazza arrivò puntuale in via Stazio per presentarsi al lavoro, ma scoprì che la palazzina dove prestava la sua opera era chiusa, sbarrata, senza nessun avviso sul portone. (A dire il vero, su un palo della luce c’era un cartello con la scritta a pennarello FILIALE CHIUSA PER SANIFICAZIONE, ma Werner non lo notò). Aspettò dieci, quindici, trenta minuti pregustando le frecciatine con cui accogliere i colleghi ritardatari, ma niente. Cominciò a battere al portone, prima timidamente, poi con sempre maggiore violenza. L’unico risultato – oltre alla curiosità di passanti in mascherina – fu quello di far arrivare lo stesso carabiniere siculo già incontrato settimane prima.

“Menchia, ancora vussia? Favuriti autucirtificaziuni, ma non firmata dagli UFO o da Battimanni.”

Non disponendo di alcuna autorizzazione specifica a prendere portoni a pugni e calci, Werner Fugazza fu tradotto in questura, dove si sorbì un predicozzo (in vicentino stretto) del maresciallo Brusagatti, e tornò a casa gravato di una pesante multa.

La sua disavventura fece il giro del Web, riportata nella pagina Facebook Sei di Casoretto se sei di Casoretto, ma anche se non lo sei e avresti sempre voluto esserlo. In calce a un commento, Werner scoprì la notizia che gli mancava, cioè che la Filiale era chiusa per sanificazione. Offeso a morte perché nessuno gliel’aveva detto, , decise di non mettere più piede fuori di casa (almeno sino al termine delle scorte di Nutella), e di non tornare al lavoro finché qualcuno non l’avesse avvisato nelle dovute forme della riapertura.

Ma siccome Werner Fugazza continua sistematicamente a eliminare tutte le mail senza leggerle, ho idea che siamo in un cul de sac.

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Posted by on domenica, Marzo 22, 2020 in Casoretto e dintorni, New York |

Arianna Wellmoney: Aliens, food and apps

 

Arianna Wellmoney (stage name for Arianna Guelmani) is a young Italian actress (born in Casoretto, Milan) that lives and works in New York City.

 

AArianna, you graduated from the American Academy of Dramatic Arts in April 2016. Since then, you participated in a lot of plays, movies, TV shows and web series… What have you been doing in the past couple years?

 I had a lot of interesting projects. First, the web series “Immigrants Eat It!”, a mini series that showed the reaction of immigrants eating American food for the first time. After that, I had the great opportunity of being a testimonial for Tinder. It really meant a lot to me on a personal level: showing that there are a lot of sexual orientations helped me express myself. It focused the attention on the battles that the LGBTQIA+ is fighting in the USA, as well as in Europe and Italy, too.

 

In September 2019, I had the honor of being part of “People Who Care”, a show that talks about the importance of community in a country where public health care is missing. It was very fulfilling, since it was presented at the Schimmel Center (a theater in Manhattan with over 600 seats) and it was sponsored by the World Health Organization and the United Nations.

It is because of performances like this that I want to thank my teachers at AADA in New York, where I trained as an actress, and also my first acting teacher, Michele Ciardulli, of Campo Teatrale Acting School in Casoretto, Milan.

What can you tell us about your experience in Los Angeles?        

I wrote a play entitled ”Extraordinary Aliens” with two other foreign actresses (Flavia Sgoifo And Bianca Waechter). It is not about aliens, but it is the name of artists that apply for a visa in the United States of America. It is based on a true story, in fact based on a lot of true events: it’s autobiographical of our experiences. We opened on March 15th, 2019 in New York at the Casa Italiana Zerilli-Marimò. We were also invited to perform our play at the Hollywood Fringe festival in June, it was fantastic! We were able to meet a lot of young artists and experience for a week the city as tourists, as well.

How is Los Angeles like compared to New York?

First off, seeing Los Angeles was a dream come true for me, I had wanted to go there since I was a child. American movies are made there: I saw the legendary Warner Brothers and Paramount studios! I have to say though, LA is very different from the Big Apple. It is very spread out, and there are also a lot of different people there, with different lifestyles. I prefer the frenzy vibe and the setup of New York.

What are your current projects?

I have a few projects in the works. I have been rehearsing and performing a play “‘20” at Peridance Capezio Center. It was directed by my friend Luca Villa, a choreographer and Director from my hometown. We have more performances planned, but everything is being postponed considering the times that we are living in with the COVID-19 emergency. Everything has been rescheduled and I hope, as everyone else, that this situation will be resolved soon.

My first TV Pilot will come out this year, it’s called “La Santera” and I have a supporting role in it. Fingers crossed!

 

We wish you the best with your life and career!

 

 

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Posted by on domenica, Marzo 22, 2020 in Casoretto e dintorni, New York |

Alieni, cibo e applicazioni (intervista ad Arianna Wellmoney)

Arianna Wellmoney (nome d’arte di Arianna Guelmani) è una giovane attrice italiana (nata al Casoretto, a Milano) che vive e lavora a New York.

  • Arianna, ti sei diplomata all’American Academy of Dramatic Arts nell’aprile 2016. Da allora hai preso parte a numerosi progetti teatrali, cinematografici, televisivi, sul web … Che cosa hai fatto di bello negli ultimi anni?
  • Ho avuto tante interessanti occasioni. Per prima cosa, la web series Immigrants Eat It!, una miniserie in cui si mostrava come gli stranieri si comportano mangiando il cibo americano. Poi c’è stata la grande opportunità di essere un testimonial di Tinder. Ha avuto per me un significato anche personale: mostrare che esistono tante declinazioni della sessualità mi ha permesso di potermi esprimere e di poter focalizzare l’attenzione sulle battaglie che negli USA sta portando avanti la comunità LGBTQIA+. Battaglie che trovano eco e risonanza sia in Europa che in Italia. A Settembre 2019, ho avuto l’onore di far parte di “People Who Care”, uno spettacolo che tratta dell’importanza della comunità in un paese dove manca la sanità pubblica. È stato molto gratificante, dato che è stato presentato allo Schimmel Center (un teatro di Manhattan con più di 600 posti) ed era stato sponsorizzato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle Nazioni Unite. Per queste performances non finirò mai di ringraziare tutti i docenti dell’AADA di New York, dove mi sono formata come attrice, ma anche il mio primo insegnante di recitazione cinematografica, Michele Ciardulli, della scuola Campo Teatrale di Casoretto (Milano).
  • Che ci dici della tua esperienza a Los Angeles?
  • Con altre due attrici straniere (Flavia Sgoifo e Bianca Waechter) ho scritto una pièce teatrale dal titolo Extraordinary Aliens. Non si tratta di extraterrestri, ma è la definizione dell’Ufficio Immigrazione per gli artisti che chiedono di poter lavorare negli USA. Tratto da una storia vera, anzi da più storie vere: è un’autobiografia intrecciata di noi tre. Abbiamo debuttato il 15 marzo 2019 a New York, presso la Casa Italiana Zerilli – Marimò. Poi siamo state invitate a partecipare con la nostra pièce al Hollywood Fringe Festival a giugno, ed è stato fantastico! Ci siamo potute confrontare con altri giovani artisti, e vivere una settimana emozionante anche come turiste.
  • Come trovi Los Angeles rispetto a New York?
  • Devo premettere che, visitando Los Angeles, ho realizzato un sogno che avevo fin dall’infanzia. C’è poco da fare: il cinema americano parte tutto da lì: vedere i leggendari Studios è stata una grande emozione. Devo dire che L.A. è molto diversa dalla Grande Mela. Ci sono distanze geografiche, e umane, che spesso non sono riuscita a comprendere. Preferisco la frenesia e gli spazi di New York.
  • Quali sono i tuoi progetti?
  • Sì, ce ne sono. Ho cominciato le prove e ho fatto qualche performance di “‘20”, uno spettacolo a Peridance Capezio Center. È diretto dal mio amico Luca Villa, un coreografo e regista della mia città natale . Dovremmo fare più performance nel futuro, ma è tutto è rimandato per ora, conto della contingenza che stiamo vivendo, e delle opportune precauzioni da prendere. È tutto rimandato a data da destinarsi, e spero, come tutti, che la situazione si risolva presto. Dovrebbe uscire il mio primo TV Pilot per una serie che si chiamerà La Santera, dove ho un ruolo di supporto. Incrociamo le dita.

 

  • Auguri per la tua vita e la tua carriera.

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