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Posted by on mercoledì, Novembre 1, 2023 in Mentre Vivo |

La società del pilotto

Il pilotto (o pillotto) è un attrezzo da cucina. Trattasi di un mestolo col beccuccio, che raccoglie il grasso dell’arrosto che si scioglie e poi, attraverso il beccuccio, lo rigetta nella carne, affinché risulti più saporita. Ma, poiché questo non è un blog di cucina, voglio illustrarne il significato traslato.

Non darmi il pilotto, mi è capitato più volte di dire a mio marito, che richiama con insistenza la mia attenzione quando la lavatrice segnala con un angosciante segnalo sonoro che il ciclo di lavaggio e asciugatura è finito e quindi è ora di aprire il portello. In generale, si dice alle persone che fanno domande incessanti o discorsi ripetitivi e inutili. Proprio come il pilotto, grazie al quale, scaldandosi, il grasso entra nel mestolo goccia dopo goccia, in modo lento e incessante. Una goccia che magari non scaverà la pietra, ma ti può sfracanare i cosiddetti.

Ma al giorno d’oggi non sono solo le persone a dare il pilotto: sono soprattutto i nostri inseparabili apparecchi elettronici. L’orologio di mio marito, oltre a contare i passi e i battiti cardiaci, ha l’antipatica abitudine di vibrare e mostrare un omino verde quando il suo portatore è fermo da un’ora. Potete immaginare quante volte al giorno si agita, se una persona fa un lavoro sedentario e ha passatempi tranquilli come la lettura. Per non parlare dell’ubiquo cellulare con le sue odiose notifiche e il suo penetrante piripippippi che suona con qualsiasi pretesto. Arriva una mail? La metropolitana è bloccata? Tizio ha visualizzato la tua storia? Caia ha messo mi piace al tuo video (a sua volta condivisio da un sito del Kirghizistan) di un gatto che aggredisce un facocero? Un bombardamento aereo fa strage in un ospedale? Ti hanno mandato un pacco in Pokémon Go? C’è un allarme monsonico nelle vicinanze? Tua cognata ha le paturnie? La pasta ha raggiunto i dieci minuti di cottura? Una bella notifica sonora per tutto, e ti ritrovi, anche e soprattutto nelle ore che dovrebbe essere di riposo, a rispondere a uno stimolo dopo l’altro.

Questa dittatura delle notifiche può risultare alla lunga inostenibile, e se hai più di cinquant’anni ti ritrovi a rimpiangere i bei tempi in cui venivi a sapere tutto in ritardo.

Se Guy Debord aveva analizzato la società dello spettacolo, oggi possiamo dire di essere immersi fino alla gola nella società del pilotto.

 

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Posted by on domenica, Gennaio 30, 2022 in Casoretto e dintorni, Mentre Vivo |

Andare a Càcheri

Capita di doversi spostare, talvolta, per il quartiere con un pesante trolley da aereo, con le sue belle ruote che risuonano per tutto il marciapiede. Può essere per andare a fare la spesona, per portare le trapunte in lavanderia; per andare a svuotare una casa, abbandonare vecchie enciclopedie al bookcrossing o lasciare vestiti smessi a benemerite associazioni umanitarie che li girano ai poveri o ai senzatetto. Qualunque sia il caso, è inevitabile, lungo il pur breve tragitto, imbattersi in qualche occhiuta e pettegola signora che chiede puntualmente (a qualunque ora del giorno o della notte) Sta partendo?  

Poiché il 99 per cento delle volte non è così e d’altro canto non ho voglia di raccontare i fatti miei, mi limito a bofonchiare NO evitando il contatto visivo e accelerando il passo.

Ma talvolta penso che dovrei fare come mia mamma, cinquant’anni fa in quel di Terni. Non erano diffusi all’epoca i voli aerei né i trolley dedicati, ma anche in quei giorni, se ti spostavi con qualcosa di più voluminoso di un sacchetto, era facile incontrare l’intrigante di quartiere che domandava Sta partendo? Al che mia mamma pronta rispondeva Sì, vado a Càcheri, lasciando basita l’interlocutrice.

Sia chiaro che Càcheri, inteso come luogo geografico, non esiste. Era un modo gentile per dire ” a cacare” (e per mandarci l’altra).

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Posted by on domenica, Settembre 12, 2021 in Mentre Vivo |

Cazzotti ciechi

A volte ritornano. Non c’entra il famoso racconto di Stephen King, né un commento alle nomine annuali che fanno rispuntare colleghi e colleghe più o meno graditi già in organico anni fa.

Mi riferisco a una notifica che mi è comparso l’altro ieri su Facebook, e che riguardava una polemica tra due giganti del pensiero come il conduttore televisivo Giancarlo Magalli e la influencer Chiara Ferragni. Il primo avrebbe accusato la seconda di “guadagnare miliardi pur senza saper fare nulla”. Solo dopo una piccola ricerca mi sono accorta che la controversia risaliva a quasi due anni fa, al dicembre 2019, all’ormai remota era pre -Covid. Poco male: questi personaggi vivono in un eterno presente e in un gioco combinatorio senza fine in cui A si mette con B, B attacca C, C fa le corna a D, D denuncia E e così via sino all’esaurimento dell’alfabeto. Certo, la polemica non menzionava il Green Pass, né si accennava all’autorevolezza conquistata sul campo da Magalli come ex compagno di classe di Draghi, né ai meriti acquisiti da Ferragni quale madre del neo-scolarizzato Leone, quindi avrei potuto subodorare che era materia di riciclo (uno dei tanti scherzi dell’algoritmo di Zuckerberg).

Comunque, la polemica Magalli – Ferragni mi ha fatto venire in mente l’ennesimo proverbio della mia educazione ternana. Si usava dire Fanno a cazzotti li ciechi, come variante del più animalista Il bue dà del cornuto all’asino. Decisamente, non siamo al livello della controversia tra le due Cambridge, né della Querelle des anciens et des modernes.

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Posted by on lunedì, Aprile 5, 2021 in Mentre Vivo |

Giochi viziosi

Vi ho parlato più volte del mio videogioco antistress preferito, Pokémon Go, e di quello di Arianna, Animal Crossing. Entrambi questi giochi hanno in comune il substrato culturale giapponese, che talvolta mette in crisi noi europei. Chiunque abbia letto manga o visto anime sa che i giapponesi amano ficcare dappertutto l’allusione sessuale. Certo, non siamo verginelle e ci siamo sorbite con piacere colpevole la nostra dose di film porcelloni o goliardici con la battuta oscena, la bestemmia o la parolaccia scatologica piazzate al punto giusto, ma il modus operandi nipponico è diverso. Anche in mezzo ad un dramma d’amore strappalacrime, o a una battaglia galattica per la salvezza dell’umanità, non manca mai il comic relief – che spesso appare appiccicato alla bell’e meglio – col vecchietto vizioso o il giovane brufoloso che si agitano di fronte a una bella ragazza discinta. Capitava persino in Dragon Ball, negli intervalli dei duelli mortali tra Super Sayan e mostri dello spazio (la censura Rai e Fininvest ha tagliato molto, ma non tutto).

L’incrocio degli animali

E così capita anche nei videogiochi. In Animal Crossing gli animaletti antropomorfi che vivono sulla tua isola ti invitano volentieri a casa e ti ricevono, fin troppo spesso, seduti sulla tazza del water. Un comportamento che, nel nostro continente, non è più in uso dai tempi del Re Sole. Per non parlare del fatto che la bidimensionalità del gioco ti costringe ad assistere, quando un personaggio staziona a lungo, davanti o dietro un altro, o quando fanno ginnastica insieme, a scene che evocano atti sessuali inconsueti.  Capita anche in Pokémon Go, specie quando il tuo avatar si porta dietro un mostriciattolo come compagno d’avventura, o quando incontri uno dei capi del Team Go Rocket (i malvagi di turno). Non è raro che il cattivone (il rozzo Cliff, la sensuale Sierra o l’arrogante Arlo) si piazzi davanti al tuo avatar come a sbarrargli la strada con atti che, nel mondo tridimensionale, sarebbero valutate da chiunque come molestie esplicite. Né che il Pokémon compagno (a me capita soprattutto con Karrablast, un tipetto mica male) ti si infili tra le gambe come a fiutare, o che abbordi con cattive intenzioni gli altri mostriciattoli di passaggio.

Problemi di poco conto, direte voi, e decisamente di nicchia rispetto alle disgrazie che affliggono l’umanità, lo ammetto. Ma forse sarà di conforto a tutti i videogiocatori sapere che la Rete offre un prezioso tutorial su che fare quando vedete crescere troppo la tensione sessuale tra gli abitanti della tua isola di Animal Crossing. Per gli adepti, si chiama What to do if you suspect that your Animal Crossing villagers are hooking up.

Del resto è Pasquetta, siamo in zona rossa, qualcosa si dovrà pur fare per ingannare il tempo.

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Posted by on sabato, Agosto 29, 2020 in Mentre Vivo |

La fresca frasca

Al giorno d’oggi, il termine frasca non è più tanto usato. Al massimo si dice saltare di palo in frasca, a indicare chi passa in modo sconclusionato da un argomento all’altro. Ma, con il declino della civiltà contadina, chi lo dice spesso non ha la minima idea di cosa sia una frasca, e pensa che il palo sia quello della luce (se non quello della lap dance). Frasca, termine attestato sin dal Trecento e di etimo incerto, in senso proprio sta per ramoscello con foglie, fronda, o anche, con valore collettivo, insieme di ramoscelli o rametti che si recidono per darli in pasto (freschi o secchi) ad animali da pascolo quali ovini o caprini. Da “frasca” viene anche il nome della città di Frascati. I dizionari riportano anche i principali usi traslati della parola: 1) fronzolo o ornamento superfluo (il buon vino non ha bisogno di frasche); 2) persona frivola, leggera, incostante (dato il maschilismo della nostra cultura, specialmente donna); 3) ciancia o frottola (e qui potremmo accontentare i puristi della lingua, utilizzando il termine come traduzione dell’abusato fake news, tipo La Bestia di Salvini diffonde frasche). 

Come sempre, nella mia natale Terni ci distinguiamo dal resto del mondo,  e frasca è termine collettivo per designare bambini o minori, più o meno innocenti. Quindi, se senti dire Attento, c’è la frasca!, non ti sto segnalando il pericolo di inciampare in un rametto frondoso, né la presenza di una persona vanesia o incostante. L’avvertimento si applica quando gli adulti, dimentichi della presenza dei pargoli, rischiano di dire o fare qualcosa di inappropriato (discorsi su temi imbarazzanti, eccessive effusione di innamorati eccetera). In questi casi si usa dire anche I figli e i polli sporcano casa.

Magari un Gesù ternano avrebbe detto Lasciate che la frasca venga a me, ma qualche discepolo non della zona avrebbe frainteso, portandogli dei rametti frondosi.

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