Incontri in lavanderia
Una cosa che si nota subito a New York City è quanto pochi appartamenti dispongono di una lavatrice privata. Molti condomini, anche di fascia alta, hanno la lavatrice comune situata di solito nel seminterrato: chi ha visto Rosemary’s Baby ricorderà come persino il lussuoso Dakota Building (poi divenuto tristemente famoso per l’assassinio di John Lennon) aveva la lavatrice condominiale.
Per gli altri, ci sono le lavanderie a gettone. Emblematica quella che compare in Friends (prima stagione, episodio 5) in cui Ross e Rachel incontrano una horrible woman che cerca di piazzare i propri vestiti da lavare nella lavatrice già prenotata da Rachel. Un episodio simile, ma più assurdo, è accaduto pochi giorni fa a mia figlia Arianna, nella laundromat vicino a dove abita, a Hamilton Heights (Harlem).
Come tutti sanno, il processo si svolge in più fasi. Prima si riempie una lavatrice con le proprie cose e si imposta il lavaggio, poi si imposta l’asciugatura (necessaria, perché a New York ci sono pochi balconi ed è quasi ovunque vietato stendere i panni fuori). Durante i due processi (almeno mezz’ora ciascuno) c’è un tempo morto che si può impiegare per sbrigare altre faccende: ben pochi lo passano a contemplare i panni che girano, cosa solo un filino più divertente del leggere riviste mediche nella sala d’attesa di un dentista.
In questa occasione Arianna, trattenuta in casa da un piccolo contrattempo, è arrivata in lavanderia con cinque minuti di ritardo, e ha scoperto che la sua biancheria era stata sparpagliata un po’ ovunque. Un vecchietto con evidenti segni di demenza e due coetanee più lucide avevano ammucchiato le cose di Arianna mischiandole con le proprie in un coacervo inestricabile. Arrabbiata, Arianna ha cominciato a smistare gli articoli di proria pertinenza. Il vecchietto protestava che le cose erano sue, persino quelle di misura piccola o quelle più evidentemente femminili come mutandine nere di pizzo o reggiseni: si è arreso solo quando Arianno ha tirato fuori una T-shirt con la propria faccia (che si era fatta fare da quei negozi che fanno le magliette personalizzate). Le due vecchiette tenevano bordone al coetaneo, dandogli ragione anche contro il buonsenso.
Dopo dieci minuti di urla, Arianna è riuscita a recuperare tutto il suo (o almeno così spera: non è escluso che, nella confusione, una mutandina sia rimasta nelle grinfie della gang di anziani terribili) e a tornare a casa stressatissima.
Da parte mia, sono fiera di avere allevato (anche con l’aiuto delle arti marziali) una figlia assertiva, capace di farsi valere anche nella giungla d’asfalto e nel sordido mondo delle lavanderie a gettone.
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