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Posted by on giovedì, Dicembre 24, 2020 in Fede, New York, Politica |

Red Christmas Playlist 2020 – 5) Jesus Christ

Oggi è la Vigilia, e si conclude la playlist alternativa dedicata al Natale da Giorgio Guelmani. I precedenti pezzi sono stati pubblicati il 20, 21, 22 e 23 dicembre. Auguri!

Concludiamo questo breve percorso musicale con un pezzo che riecheggia quelli dei giorni precedenti. Come Christ for President, questa canzone è stata scritta da Woody Guthrie (1912-1967). La differenza è che la scrisse nel 1940 ed ebbe tempo di interpretarla e inciderla. “La scrissi guardando dalla finestra di un affittacamere a New York City, nell’inverno del Millenovecento e Quaranta. Ho pensato che dovevo mettere su carta quello che pensavo sui ricchi e sui poveri,” scrive Guthrie stesso, nelle note di un suo disco del 1966 (Bound for Glory) che riprendeva molte ballate degli anni Trenta e Quaranta.  E ha molto in comune con Ballad of the Carpenter di Ewan MacColl: in entrambi i casi un folksinger anglosassone rivisita la figura di Gesù di Nazaret come “primo socialista”. L’originalità di questa canzone sta però nella sua base musicale, e sta proprio nel non essere una musica originale (Guthrie, come poi farà Dylan su vasta scala, era bravissimo sia a comporre nuove melodie sia a dare nuove parole a melodie già note).

La ballata (anonima, anche se attribuita a un tale Billy Gashade) che Guthrie riprende mutandovi le parole si chiama Jesse James. Costui era un fuorilegge statunitense (1847-1882). Dopo la Guerra di Secessione (combattuta da parte sudista) costituì col fratello Frank e altri una banda che rapinò treni e banche in Missouri, Iowa, Kentucky, Texas, Mississippi e altri Stati. Si tratta di una figura estremamente ambigua: bandito spietato e feroce, ma accorto nel presentarsi (o nel farsi presentare) che un vendicatore dei torti e delle angherie subite dai contadini poveri (e bianchi) degli stati ex-confederati. La ballata originale (ma anche molti film western) mostra perciò Jesse James come un nuovo Robin Hood, che “rubava ai ricchi per dare ai poveri”. Le circostanze della morte di Jesse James (ucciso a tradimento da un membro della sua banda, Robert Ford) hanno contribuito ulteriormente alla sua mitizzazione, e alla creazione di un improprio parallelo cristico (Jesse come Gesù, colpito alle spalle dall’amico Robert -Giuda).

Woody Guthrie recupera la vecchia ballata adattandone i versi (certe volte riprendendoli alla lettera). Operazione tipica della cultura popolare, dove – come per il proverbiale maiale – non si butta mai via niente.  Possiamo storcere il naso di fronte al paragone tra Gesù e un bandito di strada, ma rimane vero che – a Milano nel 2020 come a New York nel 1940 – se Gesù predicasse qui come l’ha fatto in Galilea, lo sbatterebbero  nella fossa. Ecco il testo, seguito come al solito da una traduzione improvvisata.

Jesus Christ was a man that traveled through the land
A hard working man and brave
He said to the rich “Give your money to the poor”
So they laid Jesus Christ in his grave.

Jesus was a man, a carpenter by hand
His followers, true and brave.
But a dirty little coward called Judas Iscariot
has laid poor Jesus in his grave

He went to the preacher, he went to the sheriff
He told them all the same
“Sell all your jewelry and give it to the poor”
So they laid Jesus Christ in his grave.

When Jesus came to town, all the workin’ folks around
believed what he did say
The bankers and the preachers, they nailed him on the cross,
and they laid Jesus Christ in his grave.

And the people hold their breath when they heard about his death
Everybody wondered why
It was the landlords and the soldiers that they hired
To nail Jesus Christ in the sky.

This song was wrtitten in New York City,
of rich men, preachers and slaves.
If Jesus was to preach like he preached in Galilee,
they would lay Jesus Christ in his grave.

Jesus was a man, a carpenter by hand
His followers, true and brave.
But a dirty little coward called Judas Iscariot
has laid poor Jesus in his grave

Gesù Cristo era un uomo che viaggiava attraverso il paese / un uomo coraggioso, che lavorava duramente. / Diceva ai ricchi “Date i vostri soldi ai poveri” / E così sbatterono Gesù nella fossa. / Gesù era un uomo, un falegname che lavorava con le proprie mani / i suoi seguaci erano sinceri e coraggiosi. / Ma un piccolo sporco codardo chiamato Giuda Iscariota / ha sbattuto il povero Gesù nella fossa. / Gesù andava dal predicatore, andava dallo sceriffo / e a tutti loro diceva la stessa cosa / “Vendi tutte le tue cose preziose e dona ai poveri” / così sbatterono Gesù nella fossa. / Quando Gesù venne in città, tutti i lavoratori attorno / credettero a quello che diceva. / I banchieri e i predicatori lo inchiodarono alla croce / e sbatterono Gesù nella fossa. / E la gente trattenne il fiato quando apprese della sua morte / e tutti si chiedevano il perché. / Sono stati i proprietari terrieri e i soldati che pagati da loro / a inchiodare Gesù Cristo in cielo. / Questa canzone è stata a New York / città di ricchi, di predicatori e di schiavi. / Se Gesù predicasse qui come l’ha fatto in Galilea / lo sbatterebbero nella fossa. / Gesù era un uomo, un falegname che lavorava con le proprie mani / i suoi seguaci erano sinceri e coraggiosi. / Ma un piccolo sporco codardo chiamato Giuda Iscariota / ha sbattuto il povero Gesù nella fossa.

UNSPECIFIED – CIRCA 1970: Photo of Woody Guthrie Photo by Michael Ochs Archives/Getty Images

 

 

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Posted by on domenica, Dicembre 20, 2020 in Fede, New York, Politica |

Red Christmas Playlist 2020 – 1) Christ for President

La stanchezza esige il suo tributo e, in occasione delle feste natalizie, cedo il timone del blog a mio marito Giorgio Guelmani, che per qualche giorno vi proporrà un canzoniere di Natale alternativo.

Natale 2020 anomalo: la pandemia non spegne la voglia di shopping selvaggio, che sembra concentrarsi in questo ultimo fine settimana “giallo”. In compenso, gli aperitivi con colleghi e colleghe scompaiono dall’orizzonte, i cinepanettoni ce li vediamo sulle piattaforme e il cattivista ex-ministro dell’Interno scopre un’insospettata vocazione a pranzare con i clochard.

Ai credenti, ma anche a uomini e donne di buona volontà che cercano di sfuggire all’infernale ruota del Produci-Consuma-Crepa, tocca la fatica di ricercare il nocciolo del Natale: riscoprire Gesù di Nazaret dietro tutti gli orpelli che l’hanno sommerso in duemila anni. La meditazione e la manducazione quotidiana della Bibbia sono, ovviamente, primarie e irrinunciabili. Ma, nello spirito di quella “teologia pop” che ravviva il catalogo dell’editrice Claudiana, voglio proporre l’ascolto di alcuni brani musicali – di area angloamericana e non) e di tendenza folk-rock, che ci mostrano la figura di Rabbi Yeshua sotto angolazioni un po’ diverse.

Cominciamo con un breve brano, composto dal folksinger statunitense Woody Guthrie, noto ai più come autore di This Land is Your Land, uno dei tantissimi inni non ufficiali degli States. Guthrie lasciò in eredità un enorme taccuino con circa mille testi per ballate mai messe in musica, scritte tra il 1939 e il 1967. Racconta Bob Dylan che Woody Guthrie gli offrì il taccuino sul letto di morte, ma, a causa di beghe di famiglia, non riuscì a metterci mano. Nel 1995 Nora, figlia ed erede di Woody, contattò il folksinger inglese Billy Bragg proponendogli di mettere in musica una selezione di questi testi. Bragg accettò l’offerta e coinvolse il gruppo folk americano Wilco, con i quali realizzò due album (Mermaid Avenue e Mermaid Avenue vol. II) tra il 1998 e il 2000. Mermaid Avenue (viale della Sirena) è il nome del lungomare di Coney Island (Brooklyn) dove viveva Guthrie. Dal primo album del progetto, uscito nel 1998), propongo questa simpatica ballata dal sapore un po’ “zelota” che invoca Christ for President. La traduzione è mia (come nelle canzoni che verranno proposte nei prossimi giorni).

Let’s have Christ for president.
Let us have him for our king.
Cast your vote for the carpenter
That you call the Nazarene.

The only way we can ever beat
These crooked politician men
Is to run the money changers out of the temple
And put the carpenter in

O it’s Jesus Christ for president
God above our king
With a job and a pension for young and old
We will make hallelujah ring

Every year we waste enough
To feed the ones who starve
We build our civilization up
And we shoot it down with wars

But with the carpenter on the seat
Away up in the capital town
The USA would be on the way prosperity bound!

Facciamo Cristo presidente / facciamolo re. / Date il vostro voto al falegname / chiamato anche il Nazareno. / L’unico modo di battere / questi politicanti corrotti / è cacciare dal Tempio i cambiavalute / e metterci il falegname. / Oh, con Gesù Cristo presidente / e Dio nell’alto dei cieli nostro re / con lavoro e pensione per giovani e vecchi / faremo risuonare gli alleluia./ Ogni anno sprechiamo quel che basterebbe / per nutrire chi muore di fame / costruiamo la nostra civiltà / e poi la uccidiamo con le guerre. / Ma col Falegname al potere / lassù nella città capitale / gli Stati Uniti sarebbero sulla via della prosperità!

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Posted by on domenica, Marzo 22, 2020 in Casoretto e dintorni, New York |

Arianna Wellmoney: Aliens, food and apps

 

Arianna Wellmoney (stage name for Arianna Guelmani) is a young Italian actress (born in Casoretto, Milan) that lives and works in New York City.

 

AArianna, you graduated from the American Academy of Dramatic Arts in April 2016. Since then, you participated in a lot of plays, movies, TV shows and web series… What have you been doing in the past couple years?

 I had a lot of interesting projects. First, the web series “Immigrants Eat It!”, a mini series that showed the reaction of immigrants eating American food for the first time. After that, I had the great opportunity of being a testimonial for Tinder. It really meant a lot to me on a personal level: showing that there are a lot of sexual orientations helped me express myself. It focused the attention on the battles that the LGBTQIA+ is fighting in the USA, as well as in Europe and Italy, too.

 

In September 2019, I had the honor of being part of “People Who Care”, a show that talks about the importance of community in a country where public health care is missing. It was very fulfilling, since it was presented at the Schimmel Center (a theater in Manhattan with over 600 seats) and it was sponsored by the World Health Organization and the United Nations.

It is because of performances like this that I want to thank my teachers at AADA in New York, where I trained as an actress, and also my first acting teacher, Michele Ciardulli, of Campo Teatrale Acting School in Casoretto, Milan.

What can you tell us about your experience in Los Angeles?        

I wrote a play entitled ”Extraordinary Aliens” with two other foreign actresses (Flavia Sgoifo And Bianca Waechter). It is not about aliens, but it is the name of artists that apply for a visa in the United States of America. It is based on a true story, in fact based on a lot of true events: it’s autobiographical of our experiences. We opened on March 15th, 2019 in New York at the Casa Italiana Zerilli-Marimò. We were also invited to perform our play at the Hollywood Fringe festival in June, it was fantastic! We were able to meet a lot of young artists and experience for a week the city as tourists, as well.

How is Los Angeles like compared to New York?

First off, seeing Los Angeles was a dream come true for me, I had wanted to go there since I was a child. American movies are made there: I saw the legendary Warner Brothers and Paramount studios! I have to say though, LA is very different from the Big Apple. It is very spread out, and there are also a lot of different people there, with different lifestyles. I prefer the frenzy vibe and the setup of New York.

What are your current projects?

I have a few projects in the works. I have been rehearsing and performing a play “‘20” at Peridance Capezio Center. It was directed by my friend Luca Villa, a choreographer and Director from my hometown. We have more performances planned, but everything is being postponed considering the times that we are living in with the COVID-19 emergency. Everything has been rescheduled and I hope, as everyone else, that this situation will be resolved soon.

My first TV Pilot will come out this year, it’s called “La Santera” and I have a supporting role in it. Fingers crossed!

 

We wish you the best with your life and career!

 

 

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Posted by on domenica, Marzo 22, 2020 in Casoretto e dintorni, New York |

Alieni, cibo e applicazioni (intervista ad Arianna Wellmoney)

Arianna Wellmoney (nome d’arte di Arianna Guelmani) è una giovane attrice italiana (nata al Casoretto, a Milano) che vive e lavora a New York.

  • Arianna, ti sei diplomata all’American Academy of Dramatic Arts nell’aprile 2016. Da allora hai preso parte a numerosi progetti teatrali, cinematografici, televisivi, sul web … Che cosa hai fatto di bello negli ultimi anni?
  • Ho avuto tante interessanti occasioni. Per prima cosa, la web series Immigrants Eat It!, una miniserie in cui si mostrava come gli stranieri si comportano mangiando il cibo americano. Poi c’è stata la grande opportunità di essere un testimonial di Tinder. Ha avuto per me un significato anche personale: mostrare che esistono tante declinazioni della sessualità mi ha permesso di potermi esprimere e di poter focalizzare l’attenzione sulle battaglie che negli USA sta portando avanti la comunità LGBTQIA+. Battaglie che trovano eco e risonanza sia in Europa che in Italia. A Settembre 2019, ho avuto l’onore di far parte di “People Who Care”, uno spettacolo che tratta dell’importanza della comunità in un paese dove manca la sanità pubblica. È stato molto gratificante, dato che è stato presentato allo Schimmel Center (un teatro di Manhattan con più di 600 posti) ed era stato sponsorizzato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle Nazioni Unite. Per queste performances non finirò mai di ringraziare tutti i docenti dell’AADA di New York, dove mi sono formata come attrice, ma anche il mio primo insegnante di recitazione cinematografica, Michele Ciardulli, della scuola Campo Teatrale di Casoretto (Milano).
  • Che ci dici della tua esperienza a Los Angeles?
  • Con altre due attrici straniere (Flavia Sgoifo e Bianca Waechter) ho scritto una pièce teatrale dal titolo Extraordinary Aliens. Non si tratta di extraterrestri, ma è la definizione dell’Ufficio Immigrazione per gli artisti che chiedono di poter lavorare negli USA. Tratto da una storia vera, anzi da più storie vere: è un’autobiografia intrecciata di noi tre. Abbiamo debuttato il 15 marzo 2019 a New York, presso la Casa Italiana Zerilli – Marimò. Poi siamo state invitate a partecipare con la nostra pièce al Hollywood Fringe Festival a giugno, ed è stato fantastico! Ci siamo potute confrontare con altri giovani artisti, e vivere una settimana emozionante anche come turiste.
  • Come trovi Los Angeles rispetto a New York?
  • Devo premettere che, visitando Los Angeles, ho realizzato un sogno che avevo fin dall’infanzia. C’è poco da fare: il cinema americano parte tutto da lì: vedere i leggendari Studios è stata una grande emozione. Devo dire che L.A. è molto diversa dalla Grande Mela. Ci sono distanze geografiche, e umane, che spesso non sono riuscita a comprendere. Preferisco la frenesia e gli spazi di New York.
  • Quali sono i tuoi progetti?
  • Sì, ce ne sono. Ho cominciato le prove e ho fatto qualche performance di “‘20”, uno spettacolo a Peridance Capezio Center. È diretto dal mio amico Luca Villa, un coreografo e regista della mia città natale . Dovremmo fare più performance nel futuro, ma è tutto è rimandato per ora, conto della contingenza che stiamo vivendo, e delle opportune precauzioni da prendere. È tutto rimandato a data da destinarsi, e spero, come tutti, che la situazione si risolva presto. Dovrebbe uscire il mio primo TV Pilot per una serie che si chiamerà La Santera, dove ho un ruolo di supporto. Incrociamo le dita.

 

  • Auguri per la tua vita e la tua carriera.

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Posted by on sabato, Marzo 14, 2020 in New York |

Due cose insieme

Gerald Ford fu presidente degli USA (il trentottesimo) tra il 1974 e il 1976. Tuttora è l’unico presidente non eletto della storia statunitense, in quanto, successe prima a Spiro Agnew (affossato da uno scandalo di corruzione) come vicepresidente, e poi a Richard Nixon (dimessosi per non subire l’impeachment a causa del caso Watergate) alla Casa Bianca. Rispetto al suo predecessore e a molti successori era ragionevolmente onesto e non ha scatenato nuove guerre, per questo viene ricordato con indulgenza. L’altra faccia di questa reputazione positiva è però che (al pari di altri vicepresidenti, come Dan Quayle e Joseph Biden) non veniva considerato molto intelligente o acuto. Il più maligno verso Ford è stato l’ex presidente democratico Lyndon B. Johnson, che di lui ebbe a dire He’s a nice fellow but he spent too much time playing football without a helmet (è una brava persona, ma ha passato troppo tempo a giocare a football senza casco). Più famosa ancora è l’altra battuta attribuita a Johnson, e spesso ripetuta: Ford can’t walk and chew gum at the same time (Ford non riesce a camminare e masticare la gomma nello stesso tempo).

La faccenda delle “due cose nello stesso tempo” mi è tornata in mente parlando con Arianna, che come sapete vive negli USA, dove solo oggi è stato dichiarato lo stato di emergenza causa coronavirus. Sembra che la cosa che mette più in crisi gli statunitensi sia imparare a lavarsi le mani per venti secondi. Come calcolarli? Fioccano i suggerimenti di canzoncine da intonare mentre ci si insapona, in modo da raggiungere la fatidica quota venti. (Sul Manifesto Alberto Leiss ha suggerito un trucchetto, che però funziona solo in italiano: contare mentalmente NON da uno a venti, MA da milleuno a milleeventi).

Contemporaneamente sono in corso le primarie democratiche che dovranno designare lo sfidante di Trump. Al contrario del nostro referendum costituzionale, e forse delle prossime amministrative, le primarie non si fermano, e contendono l’attenzione degli americani alla pandemia. Per questo è diventato virale (termine che d’ora in poi sarebbe meglio evitare), dieci giorni fa, il tweet di una tale Ditch Pony. Esso dice: They shouldn’t have tried to hold an election AND teach Americans how to wash their hands, all in the same week. We are overwhelmed. (Non avrebbero dovuto provare a tenere le elezioni, E INSIEME, nella stessa settimana, insegnare agli americani a lavarsi le mani. Siamo sopraffatti).

Evidentemente, il non riuscire a far due cose insieme non è una prerogativa di qualche politico onesto ma stupido: sembra sia una specie di carattere nazionale. Una specie di pregiudizio auto-alimentato, come quello degli italiani furbetti, dei latinoamericanti esuberanti, dei francesi che non usano il bidet.

Per finire, non poteva mancare il debunking di una fake news. Sembra che in realtà, Johnson NON abbia detto la frase su Ford che gli viene attribuita. In realtà ha detto: Ford can’t FART and chew gum at the same time (non riesce a scorreggiare e masticare la gomma nello stesso tempo). La frase originale fu a lungo censurata, per carità di patria.

https://www.independent.co.uk/news/presidents/gerald-r-ford-1451818.html

Credevate che ce li avessimo solo noi, i politici che dicono parolacce?

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Posted by on domenica, Gennaio 12, 2020 in New York, Wurstel |

Praticamente in mutande

Arianna è ancora in vacanza da noi, quindi si è persa l’annuale New York No Pants Subway Ride, che si è tenuto oggi, domenica 12 gennaio. L’evento è proprio quello che il nome fa pensare: Viaggio in metropolitana senza pantaloni. Può far pensare a eventi come il Cimento Invernale di Alassio (tuffo dal molo, preferibilmente a Santo Stefano o a Capodanno), ma ha tutta una sua storia. Dietro la No Pants Subway Ride c’è Improv Everywhere, un comedy collective creato da Charlie Todd nel 2001, allo scopo di tenere “performance inaspettate in luoghi pubblici” e “sorprendere e deliziare la gente a casaccio mediante scherzi positivi”.

L’idea di base è semplice: un po’ di gente sale a caso sulla metropolitana a diverse fermate, comportandosi come se non si conoscessero. Sono vestiti in modo normale (anche con guanti, pellicce, sciarpe, se il clima lo richiede), a parte che non hanno i pantaloni. La prima volta fu nel gennaio del 2002. Parteciparono in sette, tutti maschi. A uno venne chiesto conto dell’abbigliamento, e rispose che “aveva dimenticato i pantaloni a casa”. Per il resto, la gente rimase abbastanza indifferente, come dimostra il video artigianale della performance, in cui tra l’altro, vicino a uno degli smutandati si nota una donna, un po’ seccata, che sta leggendo un libro dal titolo Rape (Stupro). Riferisce il sito di Improv (da cui traggo le notizie) che all’ottava fermata comparve un tizio con un borsone, che vendeva pantaloni al modico prezzo di un dollaro.

 

Al secondo evento (2003) i partecipanti salirono a trenta, comprese alcune donne. Il conducente della metropolitana fece notare il suo disappunto annunciando all’altoparlante “Questo non è un campo giochi”. Il terzo (2004) fu il primo ripreso in televisione (ABC News). Al quinto (2006) un agente di polizia interruppe bruscamente la performance imponendo a tutti i passeggeri (compresi quelli regolarmente vestiti) di lasciare la carrozza. Otto persone furono arrestate e portate in prigione. Un mese dopo, il giudice li mandò assolti da ogni accusa, decretando che non è illegale stare in mutande in pubblico a New York (basti pensare al Naked Cowboy che allieta i turisti a Times Square, vestito solo di cappellone e chitarra country).  Da allora il numero di partecipanti aumenta regolarmente ogni anno, raggiungendo le migliaia. Dal 2008 altre città, negli USA e nel mondo, cominciano a partecipare. Quest’anno, l’evento è mondiale: da San Pietroburgo a Città del Messico, da Lisbona a Melbourne (certo, nell’emisfero meridionale è estate: bella forza …).

Stranamente, la nostra metropoli globale, Milano, non è ancora entrata nel club del No Pants. Eppure una tradizione di sindaci in mutande (Gabriele Albertini nel 1998, con cachemire firmato Valentino) ce l’abbiamo. Potrebbe pensarci il nostro Sala, invece di insultare gli ambientalisti che lo criticano, se vuole rifarsi un’immagine.

 

 

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