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Posted by on domenica, Marzo 10, 2024 in Politica, Wurstel |

Per darti il brodo

Questo è un detto che ho sentito solo a Terni, nella mia infanzia, specialmente da mia madre. Quando qualcuno si dà le arie di averti fatto un gran favore, ma in realtà ha fatto più o meno il minimo sindacale, in vernacolo si dice che Si lava il c*lo per darti il brodo. Scusate l’asterisco, ma sapete come va con gli algoritmi di segnalazione.

Tutti hanno parenti o conoscenti così, che lo fanno per manipolarti. Ma è modo tipico di fare anche di certi governi, specialmente in campagna elettorale. Come stanziare fondi o elargire bonus con gran pompa e fervore propagandistico. Poi viene fuori che sono gli stessi fondi che erano stati tagliati alla chetichella nella finanziaria precedente.

Di governanti siffatti si usa dire, in tutto lo Stivale, che hanno la faccia come il c*lo. Per non dare di stomaco meglio non soffermarsi troppo a pensare alle qualità nutritive di un brodo preparato con questi ingredienti.

 

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Posted by on sabato, Gennaio 7, 2023 in Arti Marziali, Politica |

Il Giorno del Gattone Grasso

Ieri in Italia non era solo la Befana. Era anche il Fat Cat Day. Non si tratta di una festa dedicata ai nostri amici felini, ben noti per il loro amore sviscerato per l’ozio e le sane mangiate. Fat Cat, nei paesi anglosassoni, denomina il ricco avido di guadagno, spesso con forti entrature nella politica.

La ricorrenza è stata inventata dallo High Pay Centre, un gruppo di ricerca britannico. Essa celebra – ironicamente e a scopo di sensibilizzazione – il giorno dell’anno in cui la retribuzione media dei supermanager delle 100 principali società quotate alla Borsa di Londra eguaglia la retribuzione media annua di un lavoratore dipendente. Tale traguardo è stato raggiunto il 5 gennaio, ovvero in cinque giorni un CEO britannico guadagna quanto un lavoratore in tutto l’anno. Da noi stiamo solo un po’ meglio: il Fat Cat Day 2023 cadeva il 6 gennaio (nel 2022 era il 7 gennaio).  A calcolare è l’Osservatorio di JobPricing. Il parametro di riferimento è la busta paga del tipico dipendente del settore privato e il campione di riferimento sono le 210 aziende quotate a Piazza Affari.

Il Fat Cat Day ricorda un poco il più noto Earth Overshoot Day, la data dell’anno in cui la domanda di risorse ecologiche da parte dell’umanità supera la capacità di rigenerazione della Terra (nel 2022 cadde il 28 luglio, nel 2021 il 29 luglio).

Degrado del pianeta e ingiustizia sociale scandalosa avanzano inesorabilmente. E i ricchi epuloni oggi, non contenti di vestirsi di porpora e di bisso e festeggiar splendidamente (cfr. Luca 16: 19) ogni giorno occupano i mass media e le reti sociali per fare la predica ai poveri Lazzari, rei di non essere abbastanza meritevoli, competitivi e “occupabili”.

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Posted by on sabato, Gennaio 29, 2022 in Politica, Scuola e dintorni |

Tirocinio mortale

Il 16 giugno 2021 a Rovato (provincia di Brescia) uno studente sedicenne è precipitato da un cestello elevatore dall’altezza di cinque metri mentre montava striscioni. Ricoverato in ospedale in codice rosso. Il 4 febbraio 2020 alla Emmeti Mondino Trattori di Genola (Cuneo) un diciassettenne è finito in terapia intensiva, dopo essere stato travolto da una cancellata di ferro. Il 13 giugno 2018 un altro diciassettenne si è amputato una falange lavorando in un’officina meccanica a Montemurlo (Prato). Il 6 ottobre 2017 alla Spezia un diciassettenne è rimasto schiacciato dal muletto che guidava (senza il necessario patentino), fratturandosi “solo” la tibia. Il 21 dicembre 2017 nello stabilimento Saeco di Faenza (Ravenna), il braccio meccanico di una gru ha ceduto: un operaio di 45 anni è morto, un diciottenne si è fratturato le gambe. Tutti questi ragazzi erano in Alternanza Scuola Lavoro – che dal 2018 si chiama PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, un’altra delle immonde sigle che infestano il mondo della scuola).
Come sappiamo, il meccanismo è stato introdotto nel 2003 dalla ministra dell’Istruzione Moratti per gli istituti tecnici e professionali, in forma prima facoltativa (come avrebbe dovuto rimanere) e poi obbligatoria. La famigerata Buona Scuola di Renzi lo ha esteso a tutte le superiori.
Con queste premesse, prima o poi ci sarebbe scappato il morto. E infatti, purtroppo venerdì 21 gennaio, all’interno dell’azienda meccanica di Lanzacco (Udine) dove svolgeva il suo ultimo giorno di tirocinio PCTO, Lorenzo Parelli, ragazzo di diciotto anni, è stato schiacciato da una putrella, che lo ha investito per cause ancora da chiarire. Il ragazzo è morto sul colpo. Migliaia di persone che in Italia perdono la vita o rimangono invalidi sul posto di lavoro. Ma non era un dipendente retribuito dell’azienda, bensì un ragazzo in alternanza, non pagato.
In due anni di pandemia la scuola italiana è stata chiusa a ripetizione, ma l’alternanza non si è quasi mai fermata. Il meccanismo risponde, più che alla logica dell’apprendimento, a quella del profitto di pochi e dello sfruttamento di molti. I ragazzi e le ragazze devono stare in una scuola che sia sicura, studiare, crescere e scoprire con agio cosa vogliono diventare da grandi, non morire in modo assurdo in una fabbrica al posto di un lavoratore salariato.
Come ha scritto in un comunicato l’Unione degli Studenti: “La vita di Lorenzo è stata spezzata dalla fame di profitto di aziende senza cultura della sicurezza, dalla scuola e dallo Stato che hanno imposto che studentesse e studenti debbano sperimentare sfruttamento e lavoro gratuito e rischiare la propria vita durante i percorsi formativi. Tutto questo, legittimando un mercato del lavoro in cui le aziende competono al ribasso su sicurezza, salari, lavoro precario e interinale. Viene insegnato che è normale lavorare gratis, senza diritti, senza sicurezza, senza possibilità di organizzarsi in sindacato”.
E se qualcuno osa protestare – come è capitato agli studenti di Roma, Torino, Milano e altre città – giù manganellate in piazza da parte del Governo dei Migliori.
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Posted by on mercoledì, Dicembre 8, 2021 in Politica |

Ministri infernali

Dopo la forzata interruzione del 2020 per ben note cause pandemiche, ieri è tornata la tradizionale prima della Scala a Milano. Una tradizione anche per me: in quelle due -tre ore che passo davanti alla diretta televisiva sono irreperibile per chiunque. Quest’anno, chiudendo un’ideale trilogia di opere giovanili cominciata nel 2015 con Giovanna d’Arco e proseguita nel 2018 con Attila, toccava al Macbeth di Giuseppe Verdi. Wikipedia ci informa che si tratta della decima opera di Verdi, con libretto di Francesco Maria Piave (rivisto da Andrea Maffei). Queste precisazioni sono pignole ma sempre utili, visto che i commentatori Rai tendono ad attribuire a Verdi o chi per lui non solo la musica, ma anche i versi (come quelli che pensano che Lucio Battisti – e non Mogol – abbia scritto il testo di Emozioni).

(Purtroppo, la bella serata è stata rovinata dalle apparizioni in video di Bruno Vespa, ma non si può avere tutto).

L’opera fu rappresentata per la prima volta nel 1847 a Firenze e inizialmente non ebbe un grande successo, cadendo nel dimenticatoio per un secolo, finché non fu riproposta nel 1952 con Maria Callas nei panni della protagonista. L’estrema aderenza al testo originale di Shakespeare fa sì che l’opera si distacchi dal classico schema del melodramma, in cui l’eroina è contesa tra il Tenore buono e il Baritono o Basso cattivo, oppure è una fragile fanciulla minata da un male incurabile o altre sfighe assortite. Come sappiamo, Lady Macbeth è l’eroina, ma anche la Cattiva, vero e proprio motore degli eventi, instancabile incitarice dell’ignavo marito.

Noto tra parentesi che il Macbeth, inteso come opera teatrale, è considerato dagli operatori del settore foriero di sventure (per non dire portajella). Nel mondo teatrale anglosassone, quando un attore pronuncia il nome del dramma in teatro, deve uscire dal teatro, ruotare su se stesso tre volte, sputare da sopra la spalla sinistra e recitare una battuta di un altro dramma shakespeariano, quindi bussare alle porte del teatro e attendere di essere invitato a rientrare. Secondo la leggenda più diffusa, per scrivere la canzone delle tre streghe presente nel dramma Shakespeare avrebbe copiato la formula di un sortilegio da delle vere streghe, le quali avrebbero perciò maledetto il dramma per vendicarsi. Secondo un’altra versione della storia, nella prima messa in scena del dramma, sarebbero state utilizzate delle vere streghe per impersonare le tre streghe e queste avrebbero recitato sul palco delle vere formule magiche, per questo motivo, da allora l’opera sarebbe maledetta. Come mi ricorda sempre mia figlia, tra teatranti di dice sempre e solo The Scottish Play, se no si fa la figura di chi bestemmia in chiesa o parla di corda in casa dell’impiccato. Tale pessima nomea non è condivisa dal Macbeth lirico.

Comunque, il Macbeth è da sempre una delle mie opere preferite. Ho una vecchia videocassetta logorata dal ripetuto uso e ne conosco alcune arie a memoria. Specialmente apprezzo, e canticchio spesso, la cabaletta Or tutti sorgete, ministri infernali (Atto primo, scena settima). Qui Lady Macbeth evoca le potenze del Male, perché diano forza al suo proposito di fare uccidere il re in carica Duncano, in modo da elevare al trono il marito (per esigenze di libretto, oltre a Duncàno abbiamo anche Macbétto e Macdùffo). Il concetto è, banalmente, che gli spiriti maligni incitano la gente a compiere opere malvage. Ma ammetterete che è tutta un’altra cosa intonare – magari al risveglio o sotto la doccia – Or tutti sorgete, ministri infernali / che al sangue incorate, spingete  i mortali.

L’uso del termine ministri rende utilizzabile la cabaletta anche per inveire contro i dicasteri di turno e i loro abitatori, assai più di un banale Piove governo ladro. E il desueto verbo incorare (che, attraverso il caro vecchio dittongo mobile, viene da cuore) ha assonanze deretaniche mica male. Troppo facile, in specie alla vigilia di scioperi generali, cantare Ministri infernali che a sangue inc**ate i mortali.

 

 

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