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Posted by on sabato, Maggio 12, 2018 in Politica, Senza categoria |

Werner Fugazza e il Premier terzo

Erano lì, sul pianerottolo di Werner Fugazza, e suonarono il campanello. Smadonnando (era pur sempre sabato mattina) il nostro eroe aprì la porta con diffidenza. Erano in due, sui quarant’anni a testa. Uno con barbetta e baffi, vestito sportivo con la felpa verde; l’altro ben rasato, impeccabile in giacca e cravatta.

“Buongiorno, io sono Luigi,” disse Giacca-e-cravatta.

“Buongiorno, io sono Matteo,” disse Felpa.

“Se siete Testimoni di Genova o Morboni, vi avverto che non compro niente e non mi interessano le Torri di Guardia,” disse Werner Fugazza, e fece per chiudere la porta. I due lo trattennero.

“Non veniamo per vendere, ma per offrire.”

“Per offrire un incarico importante e prestigioso.”

“Come lei sa,” proseguì Luigi, “io ho vinto le elezioni.”

“Io le ho vinte,” lo interruppe Matteo, “la mia coalizione è arrivata prima.”

“Sì, solo se conteggi i voti dell’Innominabile. Il mio partito è il primo.”

“Comunque, nessuno dei due ha la maggioranza in Parlamento, e tutti gli altri forni sono chiusi.”

“Il panettiere è al numero 17, vi siete sbagliati,” provò a obiettare Werner.

Luigi riprese come se niente fosse. “Per il bene della Patria, siamo costretti a metterci d’accordo noi due, per formare un Governo.”

“Un Governo di cambiamento, che sia sovranista ma rispetti le alleanze, che faccia il Reddito di Cittadinanza ma anche la Flattax, che li aiuti a casa loro e li cacci da casa nostra,” snocciolò Matteo.

“Senza dimenticare il taglio dei vitalizi,” tentò di intromettersi Luigi.

“Usando la ruspa, s’intende,” disse Matteo, mostrando sotto la felpa una T-shirt che lo ritraeva alla guida del simpatico mezzo escavatore.

“Cosa cazzarola volete da me???” sbottò Werner Fugazza.

“Veniamo al dunque,” concesse Luigi. “Ci siamo accordati su tutti i punti programmatici per un Governo breve ma duraturo. Manca solo l’ultimo tassello del puzzle, il più importante. Il Premier.”

“Un Premier Terzo, che garantisca le due forze firmatarie del Contratto di Governo, quindi, purtroppo, non posso essere io, e per fortuna neanche lui,” soggiunse Matteo indicando Luigi.

“Cosa – vo – le -te – da – me???” sillabò Werner. “Se non ve ne andate scateno la belva” (alludeva al suo bassotto Darkopancev, che dormiva placidamente in salotto).

“Lei è il Premier Terzo che stiamo cercando,” disse finalmente Matteo. “Sappiamo che lei non ama i Mau Mau, è contro i culattoni, gli zingari, i drogati, e non le piacciono neanche i Terroni.”

Luigi lo fulminò con uno sguardo. “Guarda che io sono Terrone, Matteo. Ricordati la Clausola 7.10.bis del Contratto.”

“Ma, d’altra parte,” proseguì Matteo, “lei è contro i vitalizi, per la galera ai corrotti, e per il reddito di cittadinanza.”

“Il reddito di che?” obiettò Werner.

“Quindi, il software Russò della Casaleggio & Associati, che non sbaglia mai,” proseguì Luigi, l’ha individuata come potenziale Premier Terzo. Lei viene dalla Società Incivile, è incensurato, non è laureato, non fa parte di alcuna lobby, quindi è un vero Uomo del Popolo. Ideale per venire a Roma e capeggiare la nostra Squadra di governo. Né il Presidente della Repubblica né Bruxelles potranno obiettare di fronte alla luminosa figura del Premier Fugazza!”.

“Non se ne parla,” disse reciso Werner, “io non ho neanche votato. Sono vent’anni che ho bruciato la tessera elettorale.”

“Perfetto, questo prova che lei è l’uomo giusto! Non ha votato né me né Matteo, e neanche i nostri avversari. lei potrà rappresentare quella maggioranza relativa del Popolo che si è astenuta. E il Popolo ha sempre ragione, tranne quando ha torto,” s’illuminò Luigi.

Werner non volle sentire più nulla: li spinse fuori e sbarrò la porta.

Dopo un primo momento di disorientamento, Matteo cominciò a recriminare contro il compare. “Il software Russò che non sbaglia mai, vero? Come ieri che ci ha spedito al bordello birmano di Trezzano? O quando aveva individuato come Premier una bambina di nove anni, e quasi ci linciavano come pedofili?”

Luigi disse. “Facciamo un ultimo tentativo, poi prometto che useremo il Metodo dello Sciamano Padano, sempre che troviamo delle interiora di maiale da interrogare.” Si guardò intorno sul pianerottolo. “Guarda qua, Ingegner Scannabue. Un tecnico: faremo bella figura coi Poteri Forti.”

“Un professorone, eh? Quelli poi ci fregano perché hanno studiato,” obiettò Matteo.

“Non esageriamo col populismo,” replicò Luigi, e suonò il campanello dell’Ingegnere.

Il resto è Storia. Di come il Governo Scannabue I risanò l’economia, portò il Monza in Europa League, abolì i vitalizi e i mortalizi, fece uscire l’Italia dalla Nato e dall’euro allineandola all’Alleanza di Boote e mettendo fuori legge il rutto a tavola. Di come i Poteri Forti reagirono, costituendo la Coalizione dei Campioni, guidata dal cognato di Renzi e da un clone di Berlusconi, e finanziata sottobanco dai Fetenti Furetti di Aldebaran (che l’Iperspazio li evacui!). Fu così che il nostro Paese fu il primo al mondo a sperimentare un nuovo sistema elettorale, il Bipolarismo Galattico, che aveva il pregio di individuare un vincitore non la sera delle elezioni, ma addirittura verso le tre del pomeriggio. L’umanità tutta è grata a Werner Fugazza per il suo Gran Rifiuto, che ha dato il via a questa prodigiosa sequenza di accadimenti.

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Posted by on domenica, Novembre 26, 2017 in Senza categoria |

Il Segretario fiorentino (quello vero)

Chi insegna italiano sa quanto sia difficile far prendere in mano a ragazze e ragazzi i classici della nostra letteratura, specialmente i più antichi. Sembrano proprio scritti in un’altra lingua, ostici e difficili da decifrare. Alcuni editori hanno intrapreso la meritoria via di presentare edizioni in “italiano corrente”. L’ha fatto Aldo Busi per la Rizzoli col Decamerone di Boccaccio. L’ha fatto anche la meno nota Verdechiaro Edizioni con Il Principe di Machiavelli, reso in italiano di oggi (l’edizione è del 2011) da Paola Giovetti. Iniziativa lodevole in generale, per i motivi detti sopra, e in particolare perché Machiavelli è tanto indispensabile da conoscere quanto frainteso. Inchiodato per l’eternità al motto Il fine giustifica i mezzi, è stato stigmatizzato da grandi e piccini (persino Martin Luther King ci è cascato) come il cinico apologeta delle manovre dei potenti, dal (poco) rimpianto Andreotti ai cattivi cortigiani da telefilm che si fregano le mani sghignazzando dietro i tendaggi. Leggere Machiavelli serve, invece, per avere un’idea realistica del potere e della politica, per capire come funzionano certi meccanismi, se necessario per stravolgerli o per rivoltarli contro chi comanda in favore del popolo. Perché il Segretario fiorentino sapeva bene, al contrario di molti editorialisti dei quotidiani, che gli interessi del popolo e quelli dei potenti non coincidono. Uno dei miei capitoli preferiti del Principe è il Capitolo IX “Del principato civile”, poco presente nelle antologie scolastiche, dove si tratta la questione, ancora oggi fondamentale, del consenso. Scrive il nostro autore nel paragrafo 4: Debbe, pertanto, uno che diventi principe mediante el favore del populo, mantenerselo amico; il che li fia facile, non domandando lui se non di non essere oppresso. Chiaro, no? Andiamo a vedere come diventa tradotto in italiano 2011: Pertanto, uno che divenga principe mediante il favore del popolo deve mantenerselo amico, il che gli risulterà facile dato che il popolo non chiede altro che di essere oppresso.

Uhmm .. c’è qualcosa che non quadra, non vi pare? Proprio nell’ultima frase è saltato un NON e questo ribalta il senso. Il popolo non chiede altro che di essere oppresso? Beh, se vediamo come si prospettano le prossime elezioni politiche da noi, mi sa che il lapsus, freudianamente, coglie nel segno.

machiavelli

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Posted by on domenica, Luglio 9, 2017 in Pillole di Blog, Senza categoria |

Un anno di PokémonGo

Giovedì 6 luglio, PokémonGo ha compiuto un anno! Anche se, personalmente, ho cominciato a giocarci solo dall’agosto scorso, ho seguito con passione tutti gli aggiornamenti del popolare gioco per smartphone, che ormai fa parte della mia vita come ausilio antistress. Per il compleanno, la Niantic ha deciso di liberare nel mondo lo speciale AshPikachu, ovvero il Pikachu col cappellino di Ash (il decenne allenatore protagonista della serie televisiva). Sarà, per ora ne ho visto uno solo (ma era lontano e, una volta raggiunto il luogo dell’avvistamento, non c’era più), più uno piazzato a difendere una palestra. Mio marito, più fortunato, ne ha catturato uno in piazzale Loreto, ma poi nient’altro. Quindi non parlerò dell’evento dell’anniversario, che per ora mi pare un po’ deludente.

Piuttosto, sono molto soddisfatta della Riforma delle Palestre, tanto evocata e invocata e finalmente concretizzatasi tre settimane fa. Ora molti Pokéstop sono diventati Palestre, ma soprattutto, tutte le Palestre svolgono anche la funzione di Pokéstop. Quindi, visitandole, puoi beccarti palle, pozioni, bacche e altri oggetti, e una medaglia la prima volta. Ora nelle Palestre si possono piazzare solo un massimo di 6 Pokémon, e tutti diversi. Basta con le Palestre intasate di rosei Blissey, emblemi dell’ostruzionismo sorridente. Combattere ora dà più soddisfazione, i Difensori sembrano più vulnerabili e si demotivano più facilmente. E una volta demotivati tutti, ti prendi la Palestra e ti becchi 1 Pokémoneta ogni 10 minuti (con un massimo di 50 al giorno). E poi ci sono i Raid. Durante la giornata, ogni tanto nelle Palestre appare un Boss (un Pokémon molto potente) e hai la possibilità di combatterlo, da sola o in gruppo (fino a 20 persone). Con mio marito ne abbiamo fatto un’attività di coppia per i weekend …

Insomma, dopo un certo periodo di stanchezza, PokémonGo ha saputo rinnovarsi in modo intrigante, introducendo nuovi elementi, cambiando o eliminando ciò che era difettoso, conservando ciò che funzionava bene. Aspiranti riformatori della sinistra, della scuola, della chiesa, del catasto: prendete nota!

pikachuash

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Posted by on domenica, Giugno 25, 2017 in Senza categoria |

La gatta morta sul tetto che scotta

C’era una volta un bambino di cinque anni, molto sveglio, e sua zia che gli faceva da baby sitter. In un caldo pomeriggio d’estate, i due guardavano la televisione. La zia era la tipica single in carriera milanese, tutta happy hour, apericene e crociere in barca a vela. Accudiva il nipote per pura cortesia verso la sorella, ma in fondo non sopportava i bambini. Alla TV facevano una fiction, dove un ragazzo e una ragazza, fidanzati, litigavano. Il ragazzo diceva alla ragazza: Sei una gatta morta!

Il bambino reagì spaventato: “E’ morta la gatta? Quale gatta?”

“No,” rispose la zia con tono dottorale. “L’espressione gatta morta deriva da una favola di Esopo, in cui una gatta si finge morta per acchiappare meglio i topi. Si usa per una persona che sembra apparentemente buona, fa tanti gnegnegnè, si finge dolce e timida, ma in realtà è una ficcanaso, sleale, aggressiva e intrigante.”

Il bambino ci pensò un po’ su e disse: “Zia, allora anche tu sei una gatta morta. Fai tanti gnegnegnè, e in realtà non ami i bambini.”

A proposito di bambini e di animali, un proverbio umbro dice I figli e i polli sporcano casa.

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Posted by on martedì, Aprile 25, 2017 in Politica, Senza categoria |

Il 25 aprile di ogni giorno

Parafraso quello che ha scritto meglio di me lo scrittore Angelo Ferracuti, sul manifesto di oggi. C’è la Resistenza armata, pubblica ed organizzata, che oggi giustamente celebriamo. Ma c’è anche quella privata: resistere alla barbarie quotidiana, al senso comune razzista, alle battutine maschiliste, alla sopraffazione, alla mercificazione. Dire di no ad ogni oppressione, e dire di no ai fascismi vecchi e nuovi, che deviano la rabbia verso i diversi, i più poveri, i più sfortunati. Essere cittadini critici e civili. Ogni giorno.

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