La notte dei lunghi munghi
Anche dopo più di trent’anni di frequentazione sono in grado di stupire mio marito. Vi disilludo subito: non sono consigli stile Cosmopolitan per tenera accesa la passione in camera da letto. Semplicemente, mezz’ora fa, alla sua domanda Cosa organizza X per il suo compleanno? (dove per X s’intende un parente noto per il braccino corto e la tendenza allo scrocco) ho risposto lapidariamente I munghi. Il mio consorte è cascato dal pero, come se gli avessi risposto in Klingon o altra lingua esotica (ci sta anche bene, perché oggi è Pentecoste).
In generale, si risponde i munghi come simpatico eufemismo al posto del brutale kolkazzo o peggio. L’ho sentito usare a Terni da mia mamma e da moltissime altre persone, e solo oggi ho scoperto che al Nord l’espressione è pressoché sconosciuta.
Più che una semplice risposta, si tratta di un elaborato rito sociale (volto, come gli sbudellamenti nelle tragedie classiche, a creare catarsi) in quattro battute del tipo:
D) Cosa si mangia stasera?
R) I munghi!
D) E che sò i munghi?
R) Sò ‘lli kazzi lunghi lunghi.
Cercare munghi in Rete è un’esperienza particolare. Siti di slang ne danno il significato a me noto – ma secondo alcuni usare la parola denuncia un’età superiore alla cinquantina, un po’ come dire E che, ci ho scritto Joe Condor?
Altrimenti, i munghi sono le manguste striate (Mungo mungo, diffuso in Sudafrica), una varietà di fagioli biologici o una ricetta di arance caramellate.
Senza dimenticare, per i fan della saga di Harry Potter, l’Ospedale di San Mungo.