Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Posted by on domenica, Gennaio 28, 2018 in Racconti | 1 comment

Lettera a una soprano

Cara Giacinta, ti dico “cara” anche se tu sarai incazzata fradicia con me, perché ti ho fatto il bidone al nostro appuntamento. Mi sono nascosta e ti ho osservata alzare il tuo nasino alla francese con aria seccata, mentre i minuti scorrevano e io non arrivavo. Invece ero lì, acquattata dietro l’angolo, ed è stato divertente vederti diventare prima nervosa e alla fine furiosa. Hai resistito mezz’ora prima di andartene, è stata la mia rivincita dopo mesi di inutili promesse di rimpatriate scambiate su Messenger. Occhèi: al liceo eravamo migliori amiche, ma poi abbiamo imboccato strade diverse. Tu hai scelto di stare a casa, te lo potevi permettere. Io ho dovuto lavorare, perché soldi non ce n’erano e addio università. Non mi è parso vero vincere il concorso in banca, anche perché mi sarebbe stato impossibile studiare Fisica. Pazienza, sono diventata un’ottima contabile, e quindi le scienze “dure” alla fine non sono servite. Tu invece l’università l’hai frequentata: due anni di Lingue ma era troppo difficile, e sei passata a Lettere. Ma alla fine ti sei stancata lo stesso. Ti sei sposata con marcello, con cui stavi insieme da una vita, e tanto valeva cominciare a fare la moglie e la madre. Io sono stata più inquieta: d’inverno in banca, nelle ferie in Inghilterra e in America per imparare l’inglese e fare una carriere che mi sono meritata. Tu hai avuto due belle bambine, io un figlio maschio dopo i trent’anni. Ho sempre seguito il tuo percorso di cantante lirica: leggevo sui giornali locali dei tuoi recital e me ne compiacevo. Mi sono detta: “ecco Giacinta finalmente realizzata, sta facendo una cosa in cui crede”. Quando timidamente, un anno fa, mi hai chiesto l’amicizia su Facebook, sono stata contenta. Avevamo fatto vite diverse, e abbiamo sempre avuto caratteri opposti. ma non scorderò mai quanto mi sei stata vicina a diciassette anni, quando mio padre è morto e mia madre, insieme ai miei due fratelli, ha dovuto tirare avanti la baracca vendendo biancheria di lusso nei mercatini rionali. Ma la Giacinta e la Manuela di un tempo non ci sono più. Ho cercato di rincontrarti in questo anno, combinando mille appuntamenti. Quando finalmente avremmo potuto incontrarci tiravi fuori un evento di beneficenza, una zia da andare a trovare, una cena di lavoro di tuo marito. Il colmo è stato quando mi hai proposto di vederci a un tuo recital. Mi hai scritto: “Senti, vieni al concerto. Costa solo venti euro, ma possiamo parlare cinque minuti prima che inizi, se riesci ad arrivare in anticipo.” Ti meriti un bel vaffa, Giacinta, se è questo ciò che mi proponi dopo dieci anni, è l’unica risposta. meno male che alla fine sono riuscita a strapparti l’appuntamento davanti al Caffè Azalea per l’altro giorno, facendoti aspettare invano. Anche perché, a dirla tutta, a me della musica lirica non me ne è mai fregato niente, tanto meno di andare ad ascolarla in teatrini situati in culo al mondo, e se pensi di poterti comportare con me con un tale distacco dopo dieci anni di assenza, hai sbagliato di grosso. Ti auguro comunque ogni bene in nome di quello che siamo state,

Manuela

1 Comment

  1. Fatti che potevano accadere solo nel secolo scorso. Chi te lo dà oggi un lavoro di contabile? Comunque può essere uno spunto per un buon romanzo.


Fatal error: Class 'AV\Telemetry\Error_Handler' not found in /membri/.dummy/apps/wordpress/wp-content/plugins/altervista/early.php on line 188