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Posted by on domenica, Febbraio 18, 2018 in Arti Marziali |

Ludovico e i giapponesi

Siamo ancora impressionati per l’ultimo fatto di sangue avvenuto in una scuola statunitense. Il 14 febbraio, a Parkland, Florida, nella Marjory Stoneman Douglas High School, 17 persone (3 insegnanti e 14 ragazzi e ragazze tra i quattordici e i diciassette anni) sono state uccise da un diciannovenne, Nikola Cruz. Il giovane, senza precedenti penali ma già noto come persona disturbata, violenta e coinvolto in almeno un episodio di stalking, si era procurato legalmente (e senza troppe difficoltà) un AR-15, fucile semi-automatico già usato in altri recenti mass shootings. In molti Stati degli USA, per un giovane di quell’età è molto più difficile acquistare una lattina di birra che un’arma mortale. Una piaga, quella degli omicidi di massa, che negli USA tocca cifre impressionanti: se ne contano già 43 (con 84 vittime) fino al 17 febbraio 2018; nel 2017 furono 427 (con 591 vittime) e nel 2016 477 (606 morti). Senza contare i feriti. Dopo i tentativi di Obama di limitare la diffusione e la vendita delle armi, con Trump l’amministrazione è tornata alla vecchia retorica sul Secondo Emendamento e sul diritto incondizionato del cittadino di armarsi. Le soluzioni proposte sono ipocrite (“preghiamo per le vittime, invece di fare polemiche”), o demenziali (“diamo le armi anche a studenti e insegnanti”). Per fortuna da queste parti abbiamo a che solo con la Buona Scuola: se ci fosse anche la Scuola Armata non ne usciremmo vivi. Anche se poi vieni a sapere della Fiera delle armi leggere a Vicenza, allegramente sponsorizzata da tutte le forze politiche e produttive locali, e frequentata da famigliole entusiaste, e ti vengono i brividi …

Ad altre latitudini, la musica è diversa. Un caso estremo è quello del Giappone, dove nel 2014 (su una popolazione di 127 milioni di abitanti) ci sono state solo 6 (diconsi sei) persone morte per arma da fuoco (in Italia, con la metà della popolazione, erano state 781 nel 2012). Lì avere legalmente un’arma è difficilissimo (corsi di addestramento, test e controlli molto severi), pochissimi sono i negozi che le vendono, e la stessa polizia le usa solo in casi estremi, preferendo l’uso delle arti marziali (in particolare il kendo) in situazioni di crisi. Soprattutto, nella popolazione c’è un tabù culturale diffusissimo e radicato contro le armi da fuoco, che per secoli, al tempo dell’isolamento dell’arcipelago, non potevano neanche entrare, come ben sa chi ha visto qualche film di Kurosawa o L’ultimo samurai.

Un tabù culturale che non apparteneva, in passato, solo ai giapponesi. Mi piace concludere il post ricordando il Canto Nono dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Qui il paladino Orlando giunge a Dordrecht, in Olanda (città che poi sarà più nota per un famoso Sinodo calvinista), e affronta un negromante malvagio, tale Cimosco, dotato di un micidiale archibugio. Il nostro eroe – che evidentemente non aveva visto I predatori dell’arca perduta – vince il duello con Cimosco nonostante lo svantaggio tecnologico, e va a gettare il micidiale archibugio nel profondo del mare. Memorabili sono i versi con cui il Canto si conclude.

O maladetto, o abominoso ordigno,
che fabricato nel tartareo fondo
fosti per man di Belzebù maligno
che ruinar per te disegnò il mondo,
all’inferno, onde uscisti, ti rasigno.»
Così dicendo, lo gittò in profondo.

 


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