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Posted by on domenica, Aprile 8, 2018 in Streghe, Wurstel |

Serata fallica

Nell’ultimo numero del Venerdì di Repubblica siamo informati che in India una corrente dell’Induismo, il Lingayat (adoratori del pene del dio Shiva), con circa undici milioni di aderenti, è stata riconosciuta ufficialmente a fine marzo dal governo dello Stato del Karnataka. In India, le diverse componenti religiose rappresentano strati significativi di popolazione e spostano voti e consensi. Questo gruppo sembra particolarmente progressista: ricerca un contatto diretto con la Divinità senza mediatori, offre spazi di meditazione aperti a tutti, e soprattutto combatte il sistema delle caste. Molti fedeli portano il lingam (fallo) al collo, un po’ come noi protestanti la croce ugonotta. E’ chiaro che il culto del fallo richiama a noi occidentali culti priapei più antichi o, più banalmente, dà luogo a giochi di parole e facezie. In italiano la parola fallo ha almeno tre – quattro significati: anatomico – sessuale; verbo all’imperativo (Devo farlo? Fallo! – c’era anche una rivista underground negli anni Settanta che si chiamava così, col punto esclamativo); calcistico -sportivo (l’arbitro vede un fallo); e religioso (fallo nel senso di peccato). Nel vecchio Innario Cristiano in dotazione alle chiese evangeliche c’era un inno di tradizione americana (Così qual sono), dove nella seconda strofa il credente si rivolge a Gesù con le parole A te che togli il fallo mio. Un amico di mio marito cantava sempre questo verso con voce da castrato, in falsetto, rovinando l’effetto della confessione di peccato. Ora, nella nuova versione, è diventato, più opportunamente, Tu togli l’empio peccato mio.

Non posso scordare quanto successo una decina di anni fa, con una mia lontana parente, andata un po’ fuori di testa per problemi familiari. La signora in questione ostentava di volersi dedicare agli amori saffici, e si era comprata un dildo, che teneva in borsetta, di cui parlava spesso, ma che, fino allora, non aveva mai mostrato a nessuno. Ma quella sera, a una riunione informale di donne, complice forse qualche bicchierino di troppo, nel colmo dell’euforia aveva tirato fuori l’oggetto, facendone la Sacra Ostensione. Tutte ci eravamo guardate negli occhi, abbastanza imbarazzate (compresa una probabile fidanzata), e avevamo cercato di buttarla sullo scherzo, per farla rientrare in sé. Io ero rimasta scioccata, non per moralismo (chi mi conosce sa che non sono una bacchettona), quanto perché l’oggetto in questione, di ragguardevoli dimensioni, era troppo verosimile, e sembrava essere stato amputato di fresco a qualche poveretto. Ho saputo poi che la mia lontana parente ha intrapreso un percorso di psicoterapia, e sta andando meglio. Significativo il commento di mia cugina, a cui avevo raccontato l’episodio: Che serata del cazzo!


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