Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Posted by on martedì, Maggio 25, 2021 in Midrash |

Omaggio a Bob Dylan – Desolation Row (quinta strofa)

E rieccoci all’appuntamento midrashico, in cui Giorgio Guelmani s’industria a commentare, strofa per strofa, la canzone Desolation Row di Bob Dylan. 

1     Einstein, disguised as Robin Hood
With his memories in a trunk
Passed this way an hour ago
With his friend, a jealous monk
5     He looked so immaculately frightful
As he bummed a cigarette
Then he went off sniffing drainpipes
And reciting the alphabet
Now you would not think to look at him
10    But he was famous long ago
For playing the electric violin
On Desolation Row

1-4. Einstein, travestito da Robin Hood, coi suoi ricordi in un baule, è passato di qui un’ora fa col suo amico, un monaco geloso.

Albert Einstein (1879-1955) è figura notissima anche nell’immaginario popolare come prototipo dello scienziato anticonformista, distratto e un po’ pazzo. Robin Hood è l’altrettanto iconico fuorilegge gentiluomo, protagonista di ballate e racconti popolari fin dal Quattordicesimo secolo. L’uomo di pensiero per antonomasia, quindi, si occulta sotto le vesti dell’uomo d’azione. Perché? Secondo alcuni, potrebbe essere il senso di colpa per avere contribuito (con la famosa lettera a Roosevelt dell’agosto 1939, in cui metteva in guardia sui progressi della Germania nazista nella fisica nucleare) alla scoperta della bomba atomica, con annesso incubo della guerra totale e della mutua distruzione assicurata (assai presente nelle canzoni del primo Dylan). Lo scienziato si mimetizza, ma non può liberarsi dei propri ricordi, che è come condannato a portarsi dietro in un baule (il mio peccato mi sta dinanzi del continuo). L’amico di Einstein è un monaco geloso: c’è un’allusione al difficile rapporto tra scienza e religione, con quest’ultima invidiosa e risentita per avere perso la sua importanza e la sua presa sulla gente a favore della scienza. C’è comunque un rapporto di amicizia, nel caso specifico: Einstein non era un ateo alla Dawkins, ma un agnostico con simpatie panteiste. Nota sulle traduzioni: DADG elimina l’allusione a Robin Hood (“Einstein travestito da ubriacone”) e il monaco (facendo rimare “baule” con “l’ultima Thule”); RDG dà a Einstein “un cappuccio sulla testa”, e attribuisce al monaco “un’aria circospetta”.

5-8. Sembrava così immacolatamente timoroso, mentre elemosinava una sigaretta, poi se n’è andato sniffando i tubi di scarico, e recitando l’alfabeto.

Fa tenerezza questo grande scienziato, ridotto a mendicare sigarette e a sniffare tubi di scarico, no? I commentatori vedono sia un’allusione alla distrazione e alla timidezza dell’uomo Einstein, certificata da numerosi aneddoti, sia alla misera condizione della scienza in generale, ridotta a formule vuote e incomprensibili ai più (la “recita dell’alfabeto” potrebbe alludere alla nota formula E=mc2). Dopo avere soppiantato la religione, la scienza è stata a sua volta sbalzata dal piedistallo – e dire che la canzone è di cinquant’anni fa, quindi Dylan non poteva certo pensare ai deliri contemporanei degli antivaccinisti, o dei credenti nelle scie chimiche …

9-12. Ora, a guardarlo, non lo penseresti, ma era famoso tanto tempo fa, perché suonava il violino elettrico nel Vicolo della Desolazione.

Vedi il vagabondo timido e tossico, e non ti verrebbe mai in mente il grande scienziato che fu: sic transit gloria mundi. E il violino? E’ noto che Einstein iniziò a studiare il violino all’età di sei anni, quando viveva a Monaco di Baviera; che Bach, Brahms e soprattutto Mozart erano i suoi autori preferiti; che aveva soprannominato Lina il suo violino preferito, lasciandolo in eredità al nipote Bernhard Caesar; che amava suonare in pubblico (anche se non esiste, a quanto pare, alcuna testimonianza sonora delle sue esibizioni). Non risulta, però, che Einstein suonasse il violino elettrico, strumento che cominciò a essere usato negli anni Venti, ma non ha mai avuto una grande diffusione commerciale fino agli anni Settanta. Forse qui non si parla più di Einstein e il violino, ma di qualcun altro. Chiunque conosca minimamente Dylan avrà già capito a cosa alludiamo. In effetti, il 25 luglio 1965, appena quattro giorni prima della primissima incisione in studio di Desolation Row, Dylan si esibì al Newport Folk festival (Rhode Island), appuntamento collaudato della scena folk, blues e bluegrass americana. Già da qualche mese aveva pubblicato il suo quinto album, Bringing it All Back Home, dove per la prima volta un intero lato del disco (il primo) lo vedeva accompagnato da una band elettrica (nel Lato B tornava alla sua classica formula voce -chitarra acustica -armonica). La sera del 25 luglio, come dicevamo, Dylan salì sul palco, dove aveva appena finito di esibirsi un gruppo di folk tradizionale, e, accompagnato da Mike Bloomfeld alla chitarra elettrica e Barry Goldberg al piano, interpretò Maggie’s Farm Like a Rolling Stone. Narra la leggenda che il pubblico fischiò sonoramente la performance di Dylan, considerandola un tradimento degli ideali (artistici e anche politici) del folk revival. Il grande Pete Seeger dichiarò: “Se avessi avuto un’ascia, avrei tagliato i cavi personalmente”. Successive rivisitazioni dell’episodio sostengono che in realtà sia il pubblico, che Seeger stesso, disapprovarono l’esibizione soprattutto a causa della pessima qualità del suono. Nel 2005 John Cohen, membro dei New Lost City Ramblers e cognato di Pete Seeger, sostiene che quest’ultimo temeva che i suoni distorti danneggiassero l’udito dell’anziano padre, che portava un apparecchio acustico. Comunque sia, Dylan la prese piuttosto male: quarant’anni dopo avrebbe dichiarato che la reazione negativa di Seeger (che Dylan vedeva come una figura paterna, essendo stato uno dei migliori amici del suo mito Woody Guthrie) era stata come un pugnale nel cuore. Qui si approfondì il solco di rancori e incomprensioni tra Dylan e una buona parte della sinistra musicale americana: ne riparleremo. In conclusione, la “questione elettrica” ci spinge a rileggere l’intera strofa: forse Einstein non rappresenta la Scienza, ma è una trasfigurazione di Dylan stesso, come lui un outsider: ebreo in mezzo ai Gentili, sperimentatore incompreso di nuovi orizzonti, intellettuale costretto a travestirsi da fuorilegge.


Fatal error: Class 'AV\Telemetry\Error_Handler' not found in /membri/.dummy/apps/wordpress/wp-content/plugins/altervista/early.php on line 188