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Posted by on domenica, Febbraio 4, 2018 in Casoretto e dintorni |

Werner Fugazza e le iguane al Casoretto (seconda parte)

La mattina dopo, l’architetto Scannabue passeggiò per il quartiere. Si spinse sino al Parco Lambro e qui notò quanto le iguane si stessero diffondendo come animali da compagnia. Iguane grandi, piccole, medie; gialle, verdine, grigie, marroni; in braccio, in carrozzina, al guinzaglio. Approfittando della mattina umida ma non sgradevole, gli indigeni le portavano tranquillamente a spasso, neanche fossero cani o gatti. Un ragazzotto ne aveva addirittura due, che spingeva una contro l’altra, incitandole: “Forza, Hunter! Azzannalo, Killer!”, con scarso successo. Tornò a casa e, alle sei di sera, come per caso intercettò Werner Fugazza, che passeggiava col cagnolino Darkopancev. Scannabue emise un segnale dal suo fischietto a ultrasuoni, e Darkopancev, tirando il guinzaglio, condusse Werner verso via Leoncavallo. Qui, all’altezza della fermata della 62, stazionava abitualmente una vecchia barbona, dai capelli tinti di viola, che cercava sempre di attaccar discorso coi passanti. Secondo le dicerie del quartiere, era un’insegnante di matematica in pensione, impazzita a causa di un’eccessiva esposizione alle Riunioni di Materia. Viveva precariamente nello scantinato dell’ex Cinema Casoretto, da tempo abbandonato. Afferrato il braccio a Werner, la vecchia gli disse Mi compri le mutande? Indignato, Werner liberò il braccio e se ne andò smadonnando. Passò Scannabue e la vecchia ripeté l’invito Mi compri le mutande? Impassibile, l’architetto rispose Se mi compri i calzini.  Era il codice convenuto: la vecchia e l’architetto si separarono.

Qualche ora dopo, mentre su Casoretto scendevano le ombre della notte, la vecchia barbona si diresse a passo strascicato verso l’antica abbazia del Casoretto. Vi entrò, si fece un approssimativo segno di croce e si inginocchiò al secondo confessionale sulla sinistra.

“Beneditemi, padre, perché ho peccato,” cominciò la vecchia, che altri non era – l’acuto lettore l’avrà capito – che la Luogotenente Ywaraah’sle, referente locale dell’intelligence dei temibili furetti di Aldebaran.

“Sarò breve, figliola,” rispose il confessore, sotto la cui tonaca operava l’architetto Scannabue. “Ho convocato questo incontro poco protocollare perché una terribile minaccia aleggia sul Casoretto, e, per conseguenza, sull’intero Superammasso. Una sola parola: iguane!”

“Lo sospettavo,” disse Ywaraah’sle, con la voce che le tremava. “Troppe ne ho viste per il quartiere.”

Sfruttando il primitivo Wi-Fi parrocchiale, improvvisarono una connessione telepatica, scambiandosi immagini mentali d’orrore. L’orrore di un’antica e sanguinaria razza, le Iguane Nere di Fomalhaut; i genocidi, i massacri, le distruzioni di cui si erano rese responsabili; la disperata battaglia della Cintura di Orione, quando la Coalizione dei Sistemi Liberi era riuscita a fermarle a prezzo di immense perdite; il Trattato di Tannhauser che aveva relegato le Iguane Nere nell’inaccessibile Non-Dimensione. Di fronte a un tale nemico, persino razze rivali da millenni come i Bootiani e gli Aldebaraniani avevano il dovere di fare fronte comune, concluse Scannabue e Ywaraah’sle convenne. Entrambi si impegnarono a indagini serrate, per capire se gli Innominabili avevano – l’intero Pantheon Galattico non voglia! – trovato una via d’uscita dalla Non-Dimensione, o se si trattava della solita imprudente stupidaggine dei Terrestri, da stroncare comunque sul nascere.

Ben presto, Scannabue accertò che tutto era cominciato un mese e mezzo prima, quando il settimanale di quartiere El Casurètt aveva pubblicato – nel suo inserto Connivenze tra amiche (storie di vita, gossip, consigli domestici) un raccontino intitolato Irma la dolce. Seguendo un filone che si ripeteva da mesi con le più diverse specie animali, l’autrice narrava di una cinquantenne depressa, mollata dal marito per una ragazzina tutta gambe e licenziata dal supermercato dove lavorava, che, dopo il fortuito acquisto di una tenera iguana verde a nome Irma, ritrovava la gioia di vivere e incontrava l’amore di un fascinoso e brizzolato dentista, con cui apriva un agriturismo nel Grossetano. Il racconto aveva avuto un tale successo, grazie al passaparola dal parrucchiere e al mercato, che centinaia di donne di ogni età, da Nolo a Eolo passando per le Rottole, avevano acquistato un’iguana. L’autrice del racconto si firmava Luana Languidosa. La Luogotenente s’incaricò di approfondire le ricerche tra le donne della zona: non ci s’immagina quante cose la gente si lasci sfuggire quando ha fretta di liberarsi di una barbona in modalità Accattonaggio Molesto.

Così, due giorni dopo, un uomo maturo in gessato grigio, tenendo al braccio una fragile vecchietta, faceva ingresso nell’Ufficio Postale di via Cecilio Stazio (lo stesso, guardacaso, dove lavorava Werner Fugazza). Chiesero del dottor Pompilio D’Ambrosio, specialista di Finanza Strutturata, e si accomodarono nel suo sobrio ufficio, abbellito da fotografie di Warren Buffett e altri miliardari.

D’Ambrosio, uomo ben piantato dai baffetti maliardi, accolse i visitatori con un mellifluo sorriso. “Così, dottore, mi diceva ieri al telefono che sua madre ha appena ereditato un discreto gruzzoletto da investire, vero? Avrei un’interessante proposta riguardante i titoli di Stato eritrei che …”. Sbiancò, perché i visitatori si erano improvvisamente trasformati davanti ai suoi occhi: ora, a fronteggiarlo, c’erano quel tipo strano dell’architetto Scannabue e la barbona mezzo matta di via Leoncavallo. “Che scherzo è? Cosa volete?” chiese balbettando D’Ambrosio. “Tutto bene, dottore,” disse sorridendo Scannabue, “o dovrei dire Luana Languidosa?“.

Non tentò neanche di negare. “Cosa volete da me? Si tratta solo di un piccolo e innocuo hobby, per arrotondare lo stipendio …”

“E per fare un favore a suo fratello, che gestisce l’Emporio dell’Animale di via Boccherini, vero? Un articolo ogni settimana, così le donnette del quartiere si innamorano di una nuova specie animale, e le vendite aumentano,”  soggiunse la vecchia barbona.

“Ma questa volta ha esagerato,” disse Scannabue. “Dia retta a me, le iguane sono merce pericolosa. Meglio non evocarle. Ora le dico cosa farà. Per la settimana prossima lei accantona momentaneamente l’edificante Il geco di Padre Pio, che staziona nel suo hard disk in attesa di revisione ortografica, e lo sostituisce con questo -” e gli allungò una chiavetta USB.

“Cos’è?” farfugliò lo specialista di finanza.

“Un bel raccontino, parto della sottoscritta,” disse la vecchia, “non si preoccupi, ammiro il suo stile e l’ho imitato come meglio non si può. Si chiama La minaccia verde, e narra di una quarantenne di successo che acquista incautamente un’iguana, e da allora la sua vita è sconvolta: il figlio si dà alla droga, la madre cambia sesso, il marito perde il metacarpo, e così via.”

“E voi pensate che io sto qui a farmi dettare cosa devo scrivere da un architetto da due soldi e da una matta dai capelli tinti? Non ho che da suonare questo campanello, chiamo la sicurezza e vi ritrovate fuori di qui in due minuti,” minacciò D’Ambrosio.

“E in tre minuti,” disse con gelida calma Scannabue, “io vado a salutare il suo collega Fugazza, ha presente? Siamo vicini di pianerottolo. Gli racconto che lei si fa chiamare Luana Languidosa, poi vediamo se lei riesce a tornare qui senza essere sommerso da prese in giro e molestie insopportabili. Mi creda, quell’uomo ha una visione dei ruoli sessuali degna dell’ISIS, e i suoi colleghi non sono certo meglio. Si ricordi: noi conosciamo il suo piccolo segreto.”

D’Ambrosio si arrese e prese la chiavetta, alternando promesse e suppliche.

“E per questa volta il Superammasso è salvo,” disse la Luogotenente Ywaraah’sle all’uscita. Tese la mano a Scannabue: “Nemici come prima?”

“Nemici come prima,” disse Scannabue, accettando la stretta di mano. “E speriamo che alla nostra Luana non venga mai in mente di patrocinare i Bradipi.”

Un brivido percorse le schiene dei due Infiltrati extraterrestri. Un tiepido sole illuminava piazza Durante.


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