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Posted by on martedì, Aprile 17, 2018 in New York | 1 comment

American Gothic

Nel nostro ultimo viaggio a New York abbiamo visitato il Whitney Museum of American Arts. Fino a pochi anni fa stava nell’Upper East Side, vicino agli altri famosi musei come il MET, il Guggenheim, la Frick Collection. Da poco si è trasferito nel cosiddetto Meatpacking District (così chiamato perché un tempo c’erano i macelli), quasi sullo Hudson, poco sopra il quartiere finanziario, dove parte la High Line, in una nuova struttura bianca e assai postmoderna progettata da Renzo Piano. Dotata, tra parentesi, di terrazze da cui si ha una stupenda vista (costa meno di salire sull’Empire State Building, e in più ci sono i quadri). In particolare, era in corso una mostra dedicata a Grant Wood. Il nome vi dirà poco, ma penso che molti rizzeranno le orecchie sapendo che Grant DeVolson Wood (1891-1942), è l’autore di American Gothic, vera e propria icona del XX secolo. Normalmente il quadro si trova esposto all’Art Institute of Chicago, quindi poterlo ammirare a New York è stato un colpo di fortuna. Prima di vederlo dal vivo, il quadro mi aveva sempre turbato. La faccia e l’espressione dei soggetti, il forcone tenuto dall’uomo, lo stesso Gothic del titolo, facevano pensare a un’America profonda e inquietante. Quella degli horror sanguinolenti, di Spoon River, dei romanzi di Stephen King, e degli elettori di Trump. In realtà, pare che l’intento principale del quadro (realizzato nel 1930) sia satirico, o così è stato interpretato dai primi critici (come Gertrude Stein). Una critica dell’America rurale e delle sue pretese di autenticità, come nei romanzi di Sherwood Anderson o Sinclair Lewis (Wood, tra l’altro, realizzò le illustrazioni per un’edizione di Main Street). Pare che ad ispirare Wood sia stata la Dibble House, una casetta bianca a Eldon (Iowa), realizzata in stile Carpenter Gothic, caratterizzato dalla finestra superiore (che ricorda certi elementi del Gotico europeo). Wood riteneva che mettere una finestra in stile gotico su una fragile casa di legno fosse un’assurdità strutturale, una forma di pretenziosità presa a prestito. La donna del quadro, vestita in stile Coloniale ottocentesco, è modellata su Nan Wood (1899-1990), sorella dell’autore; l’uomo sul suo destinta, Byron McKeeby (1867-1950). C’è una differenza d’età di 32 anni tra i due, il che ha fatto discutere se siano da vedere come marito e moglie, o piuttosto come padre e figlia. Si possono passare decine di minuti davanti al quadro per assaporarne i particolari, come facevano molti visitatori della mostra. Ma non andrebbero trascurate le altre opere dell’autore, alcune delle quali (come Daughters of the Revolution), sono nella stessa vena satirica. In questo secondo quadro risalta il contrasto tra l’eroismo dei Padri fondatori (sullo sfondo c’è il quadro Washington crossing the Delaware, di Emanuel Gottlieb Leutze) e il perbenismo patriottico delle vecchie signore (oltretutto ignare di posare davanti al quadro di un pittore tedesco), che Wood definì ragazze conservatrici (…) che cercavano di istituire un’aristocrazia di nascita nella Repubblica).

Comunque, come mostrano anche gli ultimi quadri della sua vita, che ritraggono scene rurali dell’Iowa natale in tono più elegiaco e nostalgico, Wood, che pure era stato molte volte in Europa e si era ispirato agli Impressionisti, aveva un legame profondo con la sua terra. Un legame che vedeva anche in chiave politica: per lui la visione americana dell'”uomo comune” era l’anticorpo democratico alla mistica dell’eroe e del Superuomo, propria del nazifascismo che dilagava in Europa. E per questo dipingeva la provincia americana con quell’atteggiamento, noto a molti di noi inurbati, misto di reverenza e parodia.

1 Comment

  1. Grazie Tiziana.


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