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Posted by on domenica, Gennaio 30, 2022 in Casoretto e dintorni, Mentre Vivo |

Andare a Càcheri

Capita di doversi spostare, talvolta, per il quartiere con un pesante trolley da aereo, con le sue belle ruote che risuonano per tutto il marciapiede. Può essere per andare a fare la spesona, per portare le trapunte in lavanderia; per andare a svuotare una casa, abbandonare vecchie enciclopedie al bookcrossing o lasciare vestiti smessi a benemerite associazioni umanitarie che li girano ai poveri o ai senzatetto. Qualunque sia il caso, è inevitabile, lungo il pur breve tragitto, imbattersi in qualche occhiuta e pettegola signora che chiede puntualmente (a qualunque ora del giorno o della notte) Sta partendo?  

Poiché il 99 per cento delle volte non è così e d’altro canto non ho voglia di raccontare i fatti miei, mi limito a bofonchiare NO evitando il contatto visivo e accelerando il passo.

Ma talvolta penso che dovrei fare come mia mamma, cinquant’anni fa in quel di Terni. Non erano diffusi all’epoca i voli aerei né i trolley dedicati, ma anche in quei giorni, se ti spostavi con qualcosa di più voluminoso di un sacchetto, era facile incontrare l’intrigante di quartiere che domandava Sta partendo? Al che mia mamma pronta rispondeva Sì, vado a Càcheri, lasciando basita l’interlocutrice.

Sia chiaro che Càcheri, inteso come luogo geografico, non esiste. Era un modo gentile per dire ” a cacare” (e per mandarci l’altra).


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