Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Posted by on domenica, Marzo 15, 2020 in Casoretto e dintorni |

Werner Fugazza giustiziere da remoto

Tempi duri per tutti, con il Coronavirus. Ma ancora più duri per Werner Fugazza, il ben noto Giustiziere di via Falloppio. Sospeso a tempo indeterminato il campionato di calcio, oltretutto dopo la brutta sconfitta dell’Internazionale FC nel derby d’Italia con la Juventus. Alle Poste di via Stazio il lavoro proseguiva, ma a ranghi ridotti (un giorno sì e uno no: Werner, per sua fortuna, aveva uno stock di ferie inutilizzate negli ultimi anni da sfruttare). Chiusa la Norcineria del Blueprint e tutti i bar. In casa, i suoi programmi televisivi preferiti erano stati sospesi. le uscite si limitavano alla spesa e all’espletamento dei bisognini fisiologici del cagnetto Darkopancev. Se pensate che Werner potesse trovare conforto nella cultura, avete sbagliato blog o provenite da un universo parallelo: la sua biblioteca si riduceva all’ultimo Almanacco Illustrato del Calcio e a un romanzo rosa finlandese in lingua originale, dimenticato anni prima dalla coprotagonista dell’avventura di una notte.

La prima sera che Werner tentò, col favore delle tenebre, di uscire nel quartiere per difendere gli onesti cittadini da spacciatori, rapinatori, travestiti e microcriminalità assortita, fu allucinante. Vagò per chilometri per le strade deserte fino a perdersi, e verso l’una di notte fu bloccato da un soldato in tuta mimetica nei pressi del Giuriati. Non potendo giustificare la sua uscita (il decreto governativo non contemplava l’attività di Giustiziere Autoproclamato tra le eccezioni al divieto di circolazione) fu fermato, multato e costretto a rientrare a casa. Né andò meglio la seconda notte, quando di fronte a un carabiniere tentò di esibire un attestato di certificazione che gli aveva gentilmente procurato il suo vicino, l’architetto Scannabue:

“Si certifica che il denominato Fugazza Werner, nato a Perculate di Sotto il 29/02/1969, residente a Milano in via Falloppio 27, in compagnia del canide di razza incerta Darkopancev, è autorizzato, in deroga al DPCM numero …, a uscire dal proprio domicilio in ore notturne per espletare attività di vigilanza privata contro ogni genere di microcriminalità, devianza, mendicità aggressiva nei quartieri noti come Nolo, Eolo, Casoretto, Rottole, Città Studi, Lambrate. Rilasciato per ogni uso di legge da A.Scannabue, console onorario di BNE e agente della FIGA, competente per territorio. Controfirmato dal Commodoro Snupi, tramite zampata virtuale via ansible,” declamò con fatica il giovane carabiniere.

“Ma che minchia iè? Me voli pigghiari p’u culu, vossia?”

E lo riportò a casa, tenendolo per il coppino con apposita prolunga della lunghezza di 101 centimetri.

Suo malgrado, Werner Fugazza dovette sottoporsi a un colossale upgrade tecnologico. Acquistò a caro prezzo un nuovo smartphone di una sottomarca nordcoreana, installò Whatsapp, Hangouts, Zoom, Meet, Skype e altre decine di applicazioni dedicate al dialogo da remoto. Si iscrisse a Citizen e imparò tutto sui procioni viziosi e sui pericolosi individui col machete che infestano New York e altre città statunitensi. Poi fu invitato ad aderire al gruppo Whatsapp I Vigilantes! e allacciò contatti con persone che vivevano il suo stesso senso di perdita e disorientamento, come il Vendicatore del Tufello o la Nemesi di Port’Alba. Si raccontavano le imprese dei bei tempi passati, si scambiavano impressioni e informazioni sulla tipologia dei microcriminali.

Ma non bastava. Mancava l’ebbrezza della strada, l’adrenalina della notte. Werner si decise finalmente a un passo al quale pensava non sarebbe mai arrivato.

“Scriverò al cugino Gondrano,” si disse una sera. Gondrano Gemonio, terzo cugino di Werner, era maresciallo presso la stazione dei Carabinieri di Montefiore Conca (provincia di Rimini). Non si parlavano da oltre trent’anni, a causa di una brutta storia (i cui contorni si confondevano nella leggenda: coinvolgeva una donna, una forma di taleggio e un ottavo di finale di Coppa Uefa – non necessariamente in quest’ordine). Ma, a mali estremi … decise di chiedere al cugino una raccomandazione, una licenza speciale, un qualunque tipo di autorizzazione che gli concedesse licenza di uscire di notte e mettesse a tacere le obiezioni di quel giovane e arrogante carabiniere siculo. Poi, tanto per non lasciare nulla di intentato, scrisse un’altra lettera con richiesta di patrocinio.

“L’architetto Scannabue è stato gentile e mi ha dato l’indirizzo di un americano chiamato Bruce Wayne. Sarà uno del giro, tentar non nuoce.”

Poi si addormentò placido, sognando epici inseguimenti sui tetti di via Jommelli.

Read More

Posted by on sabato, Marzo 7, 2020 in Casoretto e dintorni |

Werner Fugazza e il business delle mascherine

Il Coronavirus non aveva cambiato molto la vita di Werner Fugazza, che non aveva bisogno di ordinanze e divieti per tenersi lontano da scuole, chiese, musei, cinema, teatri, palestre, luoghi della cultura in generale, e da anni e anni si vedeva tutte le partire di campionato a casa su piattaforme a pagamento abilmente piratate. Nell’ufficio postale di via Stazio il lavoro proseguiva come sempre, solo i Gestori Finanziari erano costretti a relazionarsi coi clienti a distanza. Per la gioia generale (molto poco dissimulata), le Riunioni Motivanti del lunedì erano state abolite, e sostituite dai Messaggi Motivanti dell’Amministratore Delegato in persona, il leggendario Carlino Molossi, detto anche L’Uomo nell’Alto Castello. Alle tredici di ogni giorno dispari, qualunque operazione o applicazione in corso sul monitor di ogni computer spariva e veniva sostituita dall’inquadratura di un maestoso castello quattrocentesco (situato, secondo alcuni, su un’isoletta del Lago Maggiore, secondo altri in Scozia). Pian piano la camera si avvicinava sino a rivelare Molossi in persona, seduto su una specie di Trono di Spade in vesione Ikea, con alle spalle una biblioteca di libri finti e un’arrugginita armatura pseudo-rinascimentale. Pacato, la mano destra intenta ad accarezzare un maestoso gatto persiano grigio, Molossi in cinque minuti esponeva gli Obiettivi e il Budget, ammanniva generiche parole di conforto e incitamento e salutava invitando tutti a “farsi digitali”. Il lento sfumare del Castello nella nebbia era il segnale dell’inizio dell’intervallo del pranzo. Benedicendo il virus che aveva spazzato via le scomodissime riunioni del lunedì, Werner Fugazza impiegava metà dell’intervallo a girare per il quartiere vendendo mascherine protettive, di cui cittadini e cittadine avevano cominciato a fare grande uso.

“Me le ha procurate un amico, sono solo cinque euro.”

“Ma sono sicure?”

“Certo, mi ha garantito che sono di fabbricazione siriana, e lì se ne intendono.”

“Siriana?”

“Ma certo, resistenti anche ai gas tossici e alle armi chimiche. Del resto, hai mai sentito parlare di focolasi di virus a Idlib o ad Aleppo?”.

Colleghi, vicini, semplici passanti si facevano convincere e compravano. Werner Fugazza, che le aveva comprate a due euro ciascuna, accumulava piccoli guadagni e già si sentiva (o si sarebbe sentito se avesse visto la serie) come il Walter White del Casoretto.

Poi venne quel giovedì. Dopo settimane e settimane che non cadeva una goccia d’acqua, verso mezzogiorno si scatenò una fortissima pioggia. Uscendo bel bello per andare a pranzo alla Norcineria del Blueprint, Werner Fugazza si vide segnato a dito da tutti, poi assediato da decine di uomini e donne bagnati, infuriati, ognuno delle quali teneva in mano una strana poltiglia bianco-grigia.

“Guarda cos’è successo alle tue mascherine siriane!”

“Basta un po’ di pioggia e si dissolvono in poltiglia!”

“Adesso ci ridai i soldi, fino all’ultimo centesimo!”

Non disponendo di superpoteri, Werner fu costretto a risarcire sull’unghia tutti i truffati, senza evitare che qualcuno gli lanciasse in faccia quelle che erano state delle mascherine, insultandolo pesantemente. Brutta giornata per il Giustiziere di via Falloppio, che si riscosse prontamente, dicendosi “Adesso vado da quel truffatore che me le ha vendute e mi faccio ridare quel che gli ho pagato!”

Qualche ora dopo, l’ingegner Scannabue riposava tranquillamente nel suo lindo salotto. Sul tavolo aveva accumulato centinaia di monetine da uno e due euro, frutto della sua ultima idea geniale.

“Adesso che c’è la paura del virus, finalmente ho trovato come liberarmi di questo stock di vecchie mascherine che mi avevano rifilato su Sirio al tempo della Guerra dell’Orsa Maggiore. Per fortuna le mascherine siriane, progettate per resistere agli attacchi chimici a base di radon e di gallio radioattivo, non hanno effetti collaterali negativi sulla fisiologia terrestre. Tutti soldini ben guadagnati …”

S’interruppe, sentendo bussare alla porta. Lui non lo sapeva, ma noi sappiamo: a bussare era Werner Fugazza, venuto a reclamare indietro quanto aveva pagato per quel centinaio di mascherine ormai ridotte in poltiglia.

Read More

Posted by on sabato, Febbraio 22, 2020 in Casoretto e dintorni |

Werner Fugazza contro il Coronavirus

Il famigerato Coronavirus è sbarcato in Lombardia! Mentre Codogno e Caslpusterlengo vengono isolate, mentre scuole e attività produttive si bloccano, mentre le persone si interrogano angosciosamente se gli sia capitato di incontrare quakcuno che conosca un parente di qualcuno che abbia stretto la mano a qualcuno che abbia interagito anche solo da lontano con la Cina … ecco che si alza il grido di dolore del popolo di Casoretto:

Dov’è il Giustiziere di via Falloppio?

Dov’è Werner Fugazza?

Perché non interviene per combattere il micidiale Virus?

E che farà BNE? C’entrano qualcosa i peristaltici Furetti di Aldebaran?

Risponde la vostra Narratrice Onnisciente: Che cavolo ne so?

Werner Fugazza si è ritirato nella sua Quarantena personale. Non perché si senta minacciato dal Virus, ma perché le ultime partite dell’Internazionale FC in Campionato e Coppa Italia (le sconfitte contro Lazio e Napoli, per i non adepti) gli hanno suscitato angosciosi dubbi.

E se non fosse l’Anno Buono?

E se Antonio non fosse Quello Giusto? Se fosse un Mazzarri qualsiasi, solo un po’ più cattivo?

Roba da togliere il sonno. La lotta contro la pandemia può attendere.

Read More

Posted by on domenica, Gennaio 26, 2020 in Casoretto e dintorni |

Werner Fugazza e la giustizia citofonica

La triscognata Pacomia era stata recisa, al telefono: “Sabato vengo a Milano per i saldi, ho un coupon della Groupoff da spendere. Tu mi devi tenere Raoul per il pomeriggio.”

Click.

E così il sabato pomeriggio di Werner Fugazza era bell’e che deciso. Alle quattordici Pacomia, parcheggiata l’auto sul marciapiede di via Accademia, consegnò il piccolo (ormai undicenne) a Werner, raccomandando semplicemente ai due di non mettersi nei guai. Raoul non si era portato dietro la Playstation ed era agitatissimo. Dopo mezz’ora aveva fatto tutto il disordine possibile nell’appartamentino da scapolo di Werner, senza trovare nulla che catturasse il suo interesse. Poi il suo sguardo s’illuminò. “Prozio Werner,” esordì, “è vero che tu sei un Giustiziere?”

“Certo. Giustiziere di via Falloppio, per la precisione”.

“Andiamo in giro per il quartiere a seminare Giustizia e ad arrestare i Cattivi? Ce l’hai il mantello? E la cabina telefonica per trasformarti?”

“Non sono un supereroe: non ho né il mantello né la cabina, qui si usano solo gli smarfon. Però possiamo fare una piccola spedizione, tanto devo anche portare a spasso il cane.”

Così, il Giustiziere di via Falloppio – che per l’occasione sfoggiava una mascherina di carnevale, di quelle che si trovano nei corn flakes, il bispronipote e il cane uscirono per il quartiere.

“Dove sono i Cattivi? Ci sono supercriminali, scienziati pazzi, serial killer, alieni col raggio della morte?”

“C’è di tutto,” disse Werner, “ma soprattutto Spacciatori di Droga. Ci spostiamo nel vialone d’angola, la leggendaria via Ampère, e vedi quanti ne troviamo. L’altro giorno ho visto un video dove c’era il Capitano che ne beccava uno al Pilastro.”

“Cos’è il Pilastro?”

“E chi lo sa, un posto pericoloso. Ma il metodo è semplice: vedi un cognome che non ti sconfiffera, suoni al citofono e chiedi se lì c’è qualcuno che spaccia.”

Werner si diresse deciso verso un condominio dall’aria moderna, e indicò un cognome. “Vedi, Famiglia Canicattì. Sono sicuramente dei terroni.”

“E’ vero, anche nel videogioco Inforkalterùn 3.0 c’è un mafioso coi baffoni e la coppola che si chiama così, al sesto livello.”

Werner suonò il citofono. “Scusi, lei spaccia?” chiese con la sua voce più eroica.

“Mènchia, cu fu? Uora uora m’appinnicai, cu rumpi i cabbasissi?” rispose una cavernosa voce maschile.

“Vedi, li abbiamo beccati al primo colpo! Tutti gli spacciatori hanno un loro linguaggio in codice.”

“E poi che si fa?”

“Niente, si fa la foto al citofono e si posta nella pagina Spacciatori beccati. Così il Popolo saprà che qui si sp …”

Non finì la frase. Un getto di acqua gelida gli cadde sulla testa. Alla finestra del secondo piano un omone baffuto gridò incomprensibili fonemi in canicattese stretto.

“Proviamo questo, prozio Werner!” disse Raoul suonando a un altro portone.

Rispose una debole voce femminile. “Chi è?”

“Scusi, lei spaccia?” disse Raoul con la voce dell’innocenza.

“Vuole la carta straccia?”

“No, ho detto: lei spaccia?”

“Chi va a caccia?”

“No, ho detto: L-E-I-S-P-A-C-C-I-A???””

“Cos’ho in faccia?”

Il dialogo tra sordi avrebbe potuto continuare a lungo, così Werner si permise di interrompere lo zelante ragazzino. “Lascia stare, è la vedova Deiola. Suo figlio Carlo piazza erba in Piazza Carlo Erba, ma attualmente è in trasferta a San Vittore. Proviamo quest’altro palazzo.”

“Scusi, lei spaccia?”

“Certo,” rispose una voce distinta. “Interessa l’articolo? Venga pure su, terzo piano.” E gli aprì il portone.

“Resta qui a pianterreno, potrebbe scorrere il sangue. Basteremo io e la mia fedele unità cinofila per avere ragione dello spacciatore,” disse Werner baldanzosamente.

Dopo dieci interminabili minuti tornò giù, con le mani piene di riviste e opuscoli, tra cui La torre di guardia, Svegliatevi! e Uncinetto oggi.

“Sono stati più bravi loro,” disse Werner intimando il silenzio a Raoul. Si allontanò di mezzo isolato, poi gettò tutte le riviste nell’immondizia generica (una delle sue frasi celebri era La raccolta differenziata è roba da culattoni).

“Io mi annoio, prozì. Torniamo a casa?”

“Va bene, un’ultima e via. Guarda questa palazzina a un solo piano, non l’avevo mai vista.”

“Sul citofono c’è scritto F. ALDEBARAN.”

“Tipico cognome da arabi, Al-Debaran. Se non sono spacciatori questi … Riprendimi bene, mentre li incastro.”

E così, mentre Raoul gli reggeva il cellulare, Werner pronunciò, scandendo perfettamente le parole, con la sua voce meglio impostata:
“Scusi, lei spaccia?”. Un attimo di silenzio all’altro capo della comunicazione. Poi una voce tremante, dall’accento indefinibile:

“Può ripetere?”

“Scusi, lei spaccia?”

“Ma ne è davvero sicuro? Dobbiamo proprio?”

“Ma che, gioca a non capire? Ho detto e ripeto: SCUSI, LEI SPACCIA?”.

Si interruppe la comunicazione. Con grande stupore Werner e Raoul videro scoperchiarsi il tetto della palazzina, e decollare verso il cielo del Casoretto quello che sembrava un missile.

“Ma cos’era, prozì?”

“Maledetti tunisini, adesso usano anche i droni per trasportare la droga. Mi sa che è meglio tornarsene a casa.”

Di ritorno in via Falloppio, i due incontrarono l’ingegner Scannabue, il vicino di pianerottolo di Werner Fugazza. Dopo le cortesi presentazioni reciproche, Raoul prese lo smartphone e disse all’ingegnere: “Guardi che forza il mio prozione, gliele ha cantate chiare a quei tunisini.”

E gli mostrò il breve video in cui Werner ripeteva per tre volte Scusi, lei spaccia? al citofono della misteriosa palazzina, e la spettacolare partenza del missile-drone. L’ingegner Scannabue impallidì, biascicò un saluto di circostanza e corse a perdifiato verso via Ampère.

“Ma che gli è preso?” chiese Raoul.

“Quello è tutto strano,” sentenziò Werner, “per me anche lui spaccia.”

Cominciava a far freddo, e passarono le ultime due ore prima del ritorno di Pacomia in casa, a guardare la collezione di DVD autoprodotti da Werner. Raoul apprezzò particolarmente il pornosoft La consulente finanziaria e la breve compilation I migliori pareggi dell’Internazionale FC negli anni Ottanta. Comunque gli rimase il dubbio su come fosse possibile catturare gli spacciatori di droga via citofono.

Nel frattempo, un vertice d’emergenza tra l’imgegner Scannabue e la Luogotenente Ywaraah’sle aveva fermato appena in tempo il Supermissile Sperimentale dei vomitevoli Furetti di Aldebaran. Attivato incautamente dalla triplice ripetizione del mantra Scusi, lei spaccia?, non si sa cosa avrebbe potuto provocare (le simulazioni degli esperti prevedevano un qualcosa a metà tra l’esplosione delle fogne di Milano Est e l’estinzione della razza umana). Per fortuna siamo ancora qui per raccontarvelo.

 

 

Read More

Posted by on sabato, Gennaio 18, 2020 in Casoretto e dintorni, Wurstel |

Werner Fugazza e il messaggio maialo

Nella Favorza, collega di Werner Fugazza, si avvicinò furente alla scrivania del nostro eroe. Senza dargli il tempo di reagire, gli assestò un formidabile schiaffo sulla guancia destra, gridando: “Tu a me queste porcate non le scrivi!”

Werner non reagì e non porse l’altra guancia. Rimase allibito, bofonchiando “Cosa?”, mentre già quattro o cinque colleghi si piazzavano a guisa di pubblico, sperando di assistere a un gustoso litigio che spezzasse la monotonia del martedì pomeriggio.

Nella gli mise un foglio A4 stampato sulla scrivania. “Guarda la mail che mi hai scritto dieci minuti fa, c’è la tua firma, nero su bianco, non puoi negarlo!”.

Il messaggio era inequivocabile:

From: [email protected]

To: [email protected]

Ciao bella, mi tiri da discinta.

Vocal call, ore minuti secondi taldeitali.

“Io non ti ho scritto, ti ho telefonato. Eri fuori ufficio ed è scattata la segreteria telefonica. Non sapevo che ne sarebbe venuta fuori una mail.”

In effetti, solo da pochi giorni l’ultima release del software di comunicazione interna aveva introdotto una novità a cui i colleghi dell’Ufficio Postale di via Stazio si stavano ancora abituando: il sintetizzatore voce – testo. Praticamente, i messaggi in segreteria non venivano più ascoltati in forma vocale, ma tradotti in un testo scritto, che il destinatario riceveva come messaggio di posta elettronica.

“Non ho detto così. Io avevo accidentalmente cancellato il messaggio quotidiano che riceviamo da Piazza Cordusio con la distinta delle raccomandate del giorno e ti ho chiesto se me lo potevi girare.”

Era vero: Werner aveva la brutta abitudine di cancellare istantaneamente (anche dal Cestino) i messaggi che gli arrivavano e più volte aveva dovuto ricorrere all’aiuto di colleghe e colleghi per recuperarli.

“E cosa avresti detto?”

“Ti ho semplicemente chiamato dicendo Ciao Nella, mi giri la distinta? Non so cosa abbia combinato questo maledetto computer, forse avevo la bocca impastata perché stavo rosicchiando pandoro fritto, ma ti assicuro …”

“Poche storie, porco! Tutti conoscono la tua fama! Per te basta che respirino, e quando eravamo nello stesso ufficio mi hai ammorbato per anni e anni coi resoconti delle tue imprese amatorie! Ma hai proprio sbagliato persona!”

E se ne andò senza sbattere la porta (l’avrebbe fatto volentieri, ma era un open space).

Era vero che il motto di Werner Fugazza era Basta che Respirino, ma, per evitare seccature, aveva aggiunto da decenni due fondamentali limitazioni: Mai al Casoretto e Mai in Ufficio, quindi non ci avrebbe mai provato con una collega e/o una vicina di casa (a meno che queste si fossero spontaneamente gettate tra le sue braccia, fatto più raro di una vincita del jackpot al SuperEnalotto). Davanti ai colleghi maschi, non poteva abbassare la guardia: si limitò ad alzare le spalle e a sorridere in maniera ebete, cercamdo (e trovando facilmente) la solidarietà testosteronica.

Tornato a casa, ebbe l’occasione, come di consueto, di lamentarsi col vicino di pianerottolo, l’ingegner Scannabue. Quest’ultimo si ritirò meditabondo nel suo studio, poi attivò il suo ansible in modalità Linea Rossa. Sullo schermo comparve il viso di un’anziana barbona, che in realtà era – l’arguto lettore l’avrà già capito – la Luogotenente Ywaraah’sle, referente locale dell’intelligence dei denigrabili furetti di Aldebaran.

“Non disturbarmi, non posso parlare!”, sussurrò la vecchia, che si trovava nell’Abbazia di Santa Maria Bianca della Misericordia, seduta in uno degli ultimi banchi.

“Parlerò solo io,” disse Scannabue con gelida calma. “Ci state ancora provando, maledetti, a destabilizzare la razza umana. Non siete riusciti a provocare la guerra nucleare in Medio Oriente, e così ci riprovate nel piccolo, vero? So benissimo che il programmatore del software della Posta di via Stazio è un vostro agente, e ci vuole poco per capire che ha manipolato il sintetizzatore vocale per creare equivoci e dissidi tra i lavoratori. Poi da cosa nasce cosa, vero?”

La Luogotenente non fiatò. La verità era così evidente.

“Ma anche noi di BNE (Boote Nekkar Epsilon) abbiamo le nostre risorse. Te ne accorgerai domani.” E chiuse la comunicazione, soddisfatto.

Il giorno dopo, tutto il software dell’Ufficio Postale di via Stazio andò in tilt. Le pratiche si bloccarono e i clienti imbufaliti tentarono di linciare un Gestore preso a caso. Intervenne l’Assistenza centrale e si scoprì che il nuovo programma di sintesi vocale delle chiamate provocava insanabili conflitti informatici col resto del sistema. Si tornò alla cara vecchia segreteria telefonica vocale e tutti vissero felici e contenti.

Tranne Werner, che per qualche settimana venne apostrofato da colleghi e colleghe col nomignolo di Stalker Fugazza.

Read More

Posted by on sabato, Ottobre 12, 2019 in Casoretto e dintorni |

Werner Fugazza e il Berretto Nerazzurro

Fu un colpo di fulmine. Lo vide e si disse: non me ne separerò mai più. Avvenne quel martedì mattina, in via Benedetto Marcello. Werner Fugazza si era preso una giornata di ferie per sbrigare un’incombenza burocratica in zona e, aspettando l’ora di pranzo, bighellonava tra le bancarelle del mercato bisettimanale. Su una di esse, gestita da un cinese dall’aria neghittosa, tra varie cianfrusaglie troneggiava LUI: il più bel berretto nerazzurro che Werner Fugazza avesse visto da decenni. Certo, un osservatore neutrale non avrebbe concesso niente più che un “carino” al berretto, che apparentemente non aveva nulla di speciale. Visiera blu, colorato a strisce nerazzurre, sul davanti un biscione stilizzato. Werner se lo provò: gli calzava a pennello, coprendo strategicamente i capelli grigi. Contrattò brevemente col cinese della bancarella, che invano tentò di fargli acquistare anche un caricatore a forma di Pikachu e un temperamatite con buco pentagonale. Werner indossò il berretto e non se lo levò più. Era così contento che non si accorse dell’uomo che aveva cominciato a pedinarlo. Werner tenne il berretto tutto il giorno, e l’uomo lo seguiva. Lo tenne il giorno dopo, che era mercoledì. Per strada, in ufficio, in piadineria, di nuovo in ufficio, al supermercato, a cena, davanti alla TV per la partita di Champions, e poi a letto. L’uomo lo seguiva ovunque andasse. E così ininterrottamente, fino a domenica. Werener tenne il berretto sulla metropolitana che lo portava a San Siro, lo tenne durante tutta la partita serale, lo tenne nel viaggio di ritorno in metropolitana. E l’uomo sempre dietro. Werner prese la Cinquantacinque per tornare a casa, e posò distrattamente il berretto sul sedile. Scese sovrappensiero, la testa ancora concentrata sugli episodi chiave del posticipo. Solo quando fu in via Falloppio, davanti al portone di casa, si toccò la testa e si accorse che non aveva più il berretto. Il suo urlo di rabbia echeggiò in tutto il Casoretto: MI HANNO RUBATO IL BERRETTO NERAZZURRO!!!

Dal Croppy Boy, il vicino pub irlandese, uscirono alcuni avventori incuriositi e preoccupati. Werner si impadronì di una sedia del dehors, ci salì sopra e cominciò ad arringare la piccola folla che si andava raccogliendo. Descrisse a forti tinte quanto gli era accaduto, facendone l’emblema dell’ondata di criminalità che si stava abbattendo su Nolo, Eolo, Qulo e l’intero Casoretto, portata dalle orde di MauMau in arrivo coi barconi, per colpa dei Buonisti del Governo del Tradimento, pronti a derubare dei loro sudati berretti gli onesti cittadini. Una mano si alzò timidamente tra la folla per interloquire. Colto di sorpresa, Werner interruppe la sua invettiva.

“Mi scusi, ragionier Fugazza, posso farle una domanda?” disse un omino dall’aria insignificante, in cui però l’acuto lettore avrà riconosciuto l’ingegner Scannabue, il vicino di pianerottolo di Werner.

“Sì, ma in fretta, che poi la folla indignata mi si raffredda. E niente discorsi da professoroni, io sono laureato all’Università della Vita.”

“Cosa ha di speciale questo berretto? Al mercato ce ne sono decine uguali.”

“Che domande! Da quando l’ho visto ho capito che era il berretto che ho sempre sognato, un berretto portafortuna!”

“Lei è superstizioso, ragionier Fugazza?”

“Come tutti i tifosi.”

“Allora se lei ha il berretto da martedì, la sera dopo l’Inter avrà sicuramente vinto in Champions.”

“Purtroppo no. Ha giocato benissimo contro il Barcellona, è andata in vantaggio con Lautaro, poi si è scatenato Messi e abbiamo perso con un gol all’ultimo minuto. Ma con onore.”

“E stasera lei è andato allo stadio col berretto?”

“S’intende.”

“E l’Inter ha vinto la partita?”

“Ahimè, la piaga è ancora sanguinante. Ha giocato benissimo contro la Juve. Gol di Dybala, poi Lautaro ha segnato il pareggio su rigore, ma Higuain verso la fine …”

“Quindi ha ancora perso? Mi sa che questo berretto portafortuna porta, come dite voi a Milano … sfiga?”

La risata della piccola folla segnò la triste fine della carriera di Werner Fugazza come agitatore di masse e promotore di pogrom etnici.  Mentre gli astanti si disperdevano, l’ingegner Scannabue si chinò ad accarezzare un cagnolino randagio. Gli sussurrò qualcosa nell’orecchio peloso e il cagnolino partì a razzo.

La mattina dopo, mentre Werner si recava tristemente in ufficio, a testa nuda e rassegnato a farsi sfruculiare dai colleghi juventini e milanisti, il suo dirimpettaio Scannabue – privilegio dei lavoratori autonomi – si svegliò tardi e fece una ricca colazione. Poi, chiusa la porta a quattro mandate, accese il suo ansible e si collegò con il sistema di Boote Nekkar Epsilon. Sullo schermo comparve una pechinese verdolina.

“Buona Fase Bootiana Intermedia, professoressa Cha p’a-sü.”

“Poche smancerie, agente Phi Beta Iota. L’ha trovato?”

Con gesto teatrale, Scannabue esibì il berretto nerazzurro che per cinque giorni era stato sulla testa di Werner Fugazza. La professoressa emise un uggiolio di trionfo. “Il Berretto dei Bau-Sha, finalmente! Il simbolo del potere dell’antica Dinastia che regnò per cinque rukketees (*) su Boote Nekkar Gamma!”

“Andato perduto durante la Rivolta dei Boxer del 617 d.L. (**). Con questo abbiamo dimostrato l’Ipotesi di Haundogh, secondo cui l’ultimo sopravvissuto dei Bau-Sha si portò dietro il Berretto fuggendo nei Sistemi Esterni Depressi. Devo ammettere che è stata determinante la collaborazione dei nostri Infiltrati Irregolari (noti ai terrestri come Randagi o Bastardini), e soprattutto la casuale somiglianza tra i colori e i simboli della Dinastia Bau-Sha e quelli di una squadra di calcio …””

“Mi racconterà la storia un’altra volta, agente. Non oso pensare a cosa sarebbe successo se il Berretto fosse finito tra le zampe dei Legittimisti Baushani, o peggio ancora dei deplorevoli Furetti di Aldebaran (che il Bosone di Frosslass li sottoponga a ripetuto bombardamento neutrinico!). Sarebbe stata la destabilizzazione dell’intero sistema di Boote! Ora potremo esporre il Berretto dove merita, nel Museo di Epsilon. Prevedo un significativo incremento del turismo, e ripercussioni positive sul Prodotto Interno Lurido.”

Vi risparmiamo i più banali dettagli pratici. Basti dire che nel giro di poche ore un Corriere Intergalattico Espresso recapitò il Berretto su BNE, e una sostanziosa somma fu accreditata sul conto di Scannabue presso la Cassa Rurale di Cassiopea. Il tutto esentasse, ma si sa, l’evasione fiscale è una piaga anche a livello intergalattico.

(*) Cinque rukketees equivalgono a 475 anni terrestri, più un fine settimana.

(**) d.L. = dopo Lessy. Alcune culture del Sistema di Boote adottano un calendario basato sull’anno di nascita della Predicatrice Lessy, una Rough Collie della quale i fedeli attendono il Ritorno A Casa.

 

Read More

Fatal error: Class 'AV\Telemetry\Error_Handler' not found in /membri/.dummy/apps/wordpress/wp-content/plugins/altervista/early.php on line 188